Fini tende la mano al "nemico" Silvio

Dallo «strappo» della direzione nazionale del Pdl è passato molto tempo, e tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini sembra tornare il sereno. Certo i due appaiono ancora distanti su alcuni questioni non irrilevanti come quella delle riforme istituzionali, ma i toni sono notevolmente cambiati. Il premier non manca occasione per lamentare la mancanza di poteri e a Parigi ha citato anche Mussolini come «reductio ad absurdum» per spiegare che «come primo ministro» non ha «mai avuto la sensazione di avere del potere». Insomma, Berlusconi chiede ancora una volta di intervenire per modificare la figura del premier «qualunque sia la soluzione», come spiegato nell'ultimo libro di Bruno Vespa. Dall'altra parte, invece, Fini ribadisce il suo «attaccamento» alla Costituzione. Riceve, insieme al presidente del Senato Renato Schifani, un gruppo di studenti nell'ambito di una iniziativa a Montecitorio e sottolinea che «oggi non c'è una dittatura che ci minaccia, ma ci sono altre insidie». Comunque - aggiunge - «la Costituzione contiene gli antidoti per combattere questi rischi». Nessuna chiusura ad interventi di ingegneria costituzionale perché - spiega Fini - la Carta «non è un testo sacro, non è un totem polveroso e intoccabile, ma un codice aperto di convivenza civile che tutti possiamo e dobbiamo migliorare». Eppure proprio la mancata condivisione delle modifiche costituzionali ha contribuito non poco allo «strappo» tra Fini e Berlusconi. La Terza carica dello Stato lamentava di non essere stato coinvolto sulla «bozza Calderoli», mostrando anche disappunto sull'idea di andare verso un premierato forte con turno unico avanzata da Berlusconi. Da Montecitorio, intanto, il presidente della Camera invia anche un messaggio alla Lega Nord. «La nostra Costituzione è fondamento e garanzia dell'unità della Repubblica - spiega ai ragazzi in visti alla Camera - A farci sentire tutti italiani non sono i fattori geografici o etnici, ma la partecipazione consapevole di tutti alla costruzione di una comunità basata sul rispetto dell'altro e sul pluralismo politico e culturale». Fini a Berlusconi critica l'accondiscendenza alle richieste dell'alleato leghista. I finiani, inoltre, insistono per la cancellazione delle province, misura avversata invece dal Carroccio. In ballo poi ci sono anche i nuovi equilibri in vista di un rimpasto per le dimissioni di Claudio Scajola. Berlusconi sembra preferire non concentrarsi sui «distinguo», seppur velati, di Fini, perché ancora alle prese con la manovra e con il rebus del nuovo ministro dello Sviluppo Economico. Ieri il premier ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ma ha detto che al Quirinale non ha portato una bozza della manovra anche perché - ha spiegato - «non l'ho ancora firmata». Non è da escludere che si sia discusso anche del sostituto di Scajola. Dopo il no di Emma Marcegaglia, Berlusconi sta sondando il terreno. Maurizio Gasparri, presidente del senatori del Pdl, ammette: «Stiamo cercando delle persone esterne, però è probabile anche che sia un politico». In molti hanno rimarcato come oggi a Palazzo Grazioli sia andato Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni, che ieri aveva accolto positivamente l'invito di Berlusconi a Emma Marcegaglia.