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Silvio lancia "l'intesa della responsabilità"

Pier Ferdinando Casini

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Pier Ferdinando Casini non è uno che sussurra. E non è neanche uno che le manda a dire. Così quando incrocia a fine seduta nel Transatlantico Maurizio Lupi, uno degli uomini più vicini a Berlusconi, gli chiede di appartarsi in un angolo, giusto davanti a una delle tre grandi porte finestre che danno sul cortile di Montecitorio. Il leader dell'Udc non ci sta e si lamenta: «Ma insomma, non avete colto l'apertura sulla Manovra che abbiamo fatto a Todi il fine settimana scorso. Ci siamo anche dichiarati disponibili a sostenere provvedimenti anti-crisi». Lupi prova a calmarlo: «Non è il momento per dare quel genere di risposta». Casini rilancia: «Un'intera conferenza stampa e Berlusconi non è riuscito nemmeno a dire una parola su di noi. Non vi sembra che stiate un po' esagerando?» Lupi fa cenno di frenare, gli arriva in soccorso anche Sestino Giacomoni, il capo della segreteria del presidente del Consiglio: «Aspetta a vedere quando comincerà l'iter della Manovra in Parlamento per giudicare», dice il vicepresidente della Camera. Insiste Casini: «Ma questa disponibilità nei confronti dell'opposizione c'è o no?» Giacomoni replica subito: «Certo, hai visto oggi che abbiamo confermato il Democratico Errani alla guida della conferenza Stato-Regioni?» Poi i tre si guardano attorno, si rendono conto di essere ascoltati e s'allontanano furtivamente. Ma quel che conta è chiaro. La disponibilità dunque c'è. Resta in piedi. Ma il tempo scorre e le decisioni sembrano sempre meno rinviabili. Berlusconi sta cercando di chiudere un'«intesa della responsabilità». Ricuce con Gianfranco Fini. L'altro giorno l'incontro con Bocchino «scortato» da Augello. Sul tappeto ci sono le richieste dei finiani, ovvero la correzione del disegno di legge sulle intercettazioni e la corsia preferenziale per il provvedimento anticorruzione. Se arriveranno questi due segnali sarà schiarita e si aprirà la partita più ampia del Pdl. Fini chiede il congresso entro un anno, la strutturazione sul territorio e spera di regolare i conti con gli ex di An. Per questo i finiani continuano a chiedere anche un rinnovamento al vertice del partito, magari un coordinatore unico. Che poi significherebbe fare fuori Ignazio La Russa. Si vedrà, nel frattempo il clima è diverso. Fini in privato fa notare ai suoi che i problemi di oggi sono i temi che aveva posto alla direzione nazionale del Pdl di un mese fa. «Avete visto - domanda ironico un fedelissimo del presidente della Camera -? I veri problemi di Berlusconi sono con la Lega. E chi l'aveva detto per primo che sarebbe finita così?» Nella prima fila della platea dell'Auditorium, il nuovo rapporto tra i due cofondatori del Pdl si poteva fotografare plasticamente. I due, divisi solo da Schifani, chiacchieravano amabilmente. E quando la Marcegaglia s'è lanciata nella sua intemerata anti-politica, Berlusconi s'è girato sbalordito verso Fini che ricambiava sorridendo e s'è lasciato andare a qualche battuta. Al punto che subito dopo il premier, salito sul palco, ha rimarcato: «La maggioranza sarà coesa e unita, c'è qui Fini e può garantire che nei voti alla Camera la maggioranza sarà coesa», guardando il presidente della Camera seduto lì sotto. Tutti assieme. Maggioranza che torna unita, trattative con pezzi dell'opposizione, apprezzamento per il comportamento responsabile dei sindacati, almeno di Cisl e Uil. Resta stizzito quando Emma dal palco si lancia nella sua critica stile Beppe Grillo, critica che il premier ritiene demagogica e soprattutto fuori tempo: non è il momento, si scherza con il fuoco. E dal pulpito gioca uno scherzetto alla presidente. Spiega di nuovo che alla Marcegaglia aveva offerto il posto di ministro dello Sviluppo. Insomma, facile criticare, è arrivato il momento di sparlare. Piuttosto di rimboccarsi le maniche e collaborare. Spiega: «Per la prima volta c'è al governo un imprenditore, che cerca di governare l'Italia come faceva con le sue imprese, con concretezza. Ma ho bisogno di essere aiutato. Quando ti ho proposto di venire ad assumere la responsabilità del ministero dello Sviluppo tu mi hai risposto: "Come la prendono in Confindustria"? Ora ti ripropongo l'offerta, e agli industriali presenti chiedo: "Voi come la prendereste?"». E propone una votazione per alzata di mano, si alza solo qualche mano in sala. «No? E allora poi non prendetevela con il governo...», sferza il premier. Più avanti insiste. Fa sapere che chi ha qualche proposta da fare la può avanzare direttamente a lui, può inviarla a Palazzo Chigi. La casella del ministero dello Sviluppo resta scoperta, a disposizione di un grande imprenditore che sappia far ripartire il Paese. Il messaggio è per tutti. La fase è delicata, bisogna impegnarsi in prima persona. Oggi ne parlerà con Napolitano.

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