Niente fiducia sulle intercettazioni

Intercettazioni, avanti tutta, ma in un clima di scontro che mette contro maggioranza e opposizione. Diventato un pò meno «bavaglio» grazie alla marcia indietro del Pdl, che ha deciso di affievolire le norme contro gli editori e i giornalisti, il disegno di legge comincerà il suo cammino nell'Aula del Senato lunedì prossimo. Un assaggio di quello che accadrà nell'emiciclo di Palazzo Madama si è avuto con la discussione in Aula sul calendario. Pd e Idv hanno dato battaglia, senza rinunciare alle armi dell'ostruzionismo, per ostacolare il cammino di un provvedimento che, nonostante le modifiche, continua a limitare il ricorso alle intercettazioni e alla loro pubblicazione. Quasi cento gli iscritti a parlare che si sono succeduti in una maratona oratoria che però non ha impedito alla maggioranza di mettere il provvedimento all'ordine del giorno dell'assemblea. Respinta dunque la richiesta dell'opposizione di rinviare il ddl in commissione. Il Pd voleva un nuovo giro in commissione sostenendo che, viste le annunciate modifiche, il testo arrivato in aula è ormai «carta straccia». La maggioranza ha ribattuto che approvare in Aula il disegno di legge «è un diritto sacrosanto» (Gaetano Quagliariello). Per protesta i senatori dell'Idv si tappavano la bocca con i post-it gialli simbolo delle manifestazioni di questi giorni, mentre la capogruppo democratica Anna Finocchiaro definiva il ministro Alfano come un «portaordini» di Berlusconi. Ma non tutti sono rassegnati all'idea di un inevitabile scontro finale. Il presidente del Senato Schifani ha continuato a tessere la sua tela, aprendo in parte alle richieste dell'opposizione di un ritorno in commissione. Sembra tramontata, almeno per ora, l'ipotesi di blindare il Guardasigilli Alfano: «Non abbiamo assolutamente ragione di porre la fiducia», ha assicurato. Un mini-vertice a palazzo Madama tra lo stesso Alfano e i capigruppo della maggioranza, è servito per fissare i contenuti delle modifiche da apportare al contestato disegno di legge. Gli emendamenti saranno sette-otto, e interverranno sui punti più contestati del disegno di legge. Il divieto di riferire sulla stampa notizie sulle inchieste viene attenuato con la possibilità di pubblicare riassunti dei verbali di indagine, mentre le sanzioni per gli editori, nel caso di pubblicazione di intercettazioni coperte da segreto istruttorio, saranno ridotte di un terzo rispetto a quanto previsto dalla commissione giustizia del Senato. Sarà accolto l'appello lanciato da Milena Gabanelli: le riprese e le registrazioni «carpite» saranno consentite a tutti i giornalisti, sia i professionisti sia i pubblicisti. In bilico la norma che vieta le riprese di immagini «captative», quelle, per intenderci, che vengono eseguite durante le indagini (grazie ad esse sono stati pizzicati i mafiosi a scambiarsi «pizzini» in carcere). Potrebbe saltare anche il divieto di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altri procedimenti. La marcia indietro sembra sempre più frutto di un compromesso tra Berlusconi e Fini; compromesso sancito dalla «rentreè» di Italo Bocchino a Palazzo Grazioli.