Stangata europea: tagli e tasse

Altro che la stangata di Tremonti, tagli e sacrifici colpiranno tutti i Paesi europei. Nuove tasse, riduzione degli stipendi, pensionamenti congelati, sforbiciate sulle politiche sociali, imposte sulle banche, lotta all'evasione fiscale. Addirittura in Francia si risparmierà anche sugli addobbi floreali delle cerimonie politiche. I fiori, d'ora in poi, saranno di plastica, ha chiarito il presidente Sarkozy. I paesi Ue alle prese con lo spettro della Grecia non vanno per il sottile e si preparano a varare misure stringenti per tenere a freno la spesa e far respirare i bilanci. Per invertire la tendenza degli ultimi due anni. La Germania sta preparando una manovra che vale quasi il doppio di quella italiana anche perché sarà spalmata su quattro anni: 45 miliardi di euro. I risparmi ammonteranno a 15 miliardi solo per il 2011. Ma c'è di più perché secondo il «Financial Times» Berlino avrebbe deciso di «dare il buon esempio» agli altri paesi Ue. Secondo la manovra allo studio del governo tedesco saranno aumentate le tasse e ridotta l'assistenza sociale. Un percorso in fondo già cominciato quando cancelliere era il leader socialdemocratico Schroeder. Dalla scure si salverebbero soltanto educazione, ricerca e politiche sanitarie: «Sarebbe sbagliato risparmiare su questi segmenti», ha spiegato il ministro delle Finanze Wolfgang Scaeuble. L'obiettivo del cancelliere Angela Merkel è tagliare il deficit dall'attuale 5 per cento del Pil al 3 per cento nel 2013 fino a giungere al quasi pareggio nel 2016: con un deficit allo 0,35 per cento del Pil. Saranno anni difficili ma, nonostante le proteste, la Germania non ha intenzione di tornare indietro. Non sta meglio la Gran Bretagna. La stangata per le banche, che dovranno pagare più tasse, sarà di 8 miliardi di sterline (9,2 miliardi di euro). Aumenterà anche l'Iva, dall'attuale 15% al 20%. Riduzioni di spesa per 6 miliardi di sterline sono previste anche per tutti gli enti finanziati dal governo. Verranno anche tagliate le note spese di parlamentari e manager. Secondo il «Sunday Times» la manovra mette a rischio dai 300 ai 700 mila contratti nella pubblica amministrazione, oltre a 100 mila impiegati dei consigli municipali e 20 mila funzionari della Difesa. Avrà i suoi problemi anche il premier spagnolo Josè Luis Zapatero che ha confermato un piano biennale da 15 miliardi di euro. «So che ci sono proteste da parte di coloro che non condividono il punto di vista del governo, come i sindacati, ma non cambieremo». Del resto il rapporto deficit-Pil della Spagna è schizzato nel 2010 a quota 10%. Giro di vite sulle spese delle amministrazioni pubbliche. Le buste paga degli impiegati saranno tagliate in media del 5%. La spesa sociale spagnola subirà una riduzione dell'1,5%. La Francia ha previsto invece una manovra da 100 miliardi dal 2010 al 2013. Il presidente Nicolas Sarkozy ha annunciato una serie di misure per «portare il rapporto deficit-Pil al 6% nel 2011 contro l'8% di quest'anno». Il primo passo di Parigi verso il risanamento del bilancio, come ha spiegato pochi giorni fa il premier Francois Fillon, sarà il congelamento delle spese pubbliche, bloccate al livello attuale in valore assoluto fino a fine 2012, fatta eccezione per gli interessi sul debito e la spesa pensionistica. Considerando il parallelo aumento dell'inflazione, stima sempre Fillon, la misura si tradurrà in una riduzione «del 10% in tre anni» delle «spese di funzionamento corrente dello Stato». Saranno prima di tutto i ministeri a dover risparmiare: una circolare firmata dal premier li invita a ridurre del 10% le proprie uscite. Tagli anche per spese di rappresentanza, missioni all'estero e consulenze. Ma si risparmierà pure sui bouquet floreali che decorano i saloni: in alcuni dicasteri verranno sostituiti da più economici fiori di plastica. Non si salveranno nemmeno le politiche sociali.   I tagli, infatti, toccheranno anche le «spese d'intervento» dello Stato, cioè sussidi e aiuti ai più svantaggiati, che potrebbero avere una riduzione del 10% nei prossimi tre anni. E se la Grecia si concentra sulla lotta all'evasione, tanto da mettere nel mirino i compensi di calciatori e artisti, il Portogallo varerà una rigida manovra di risanamento dei conti pubblici, che prevede il congelamento degli stipendi e del turnover dei funzionari, tagli alla spesa sociale e agli investimenti pubblici, aumenti dell'Iva e dell'Irpef. Il giro di vite deciso dal premier Josè Socrates punta a riportare sotto il 3% il deficit pubblico, salito al 9,4% nel 2009. Un piano che ha scatenato le proteste della Sinistra portoghese. Ma il presidente Socrates non ha fatto passi indietro. Anzi ha definito «irresponsabile» il tentativo di «aggiungere alla crisi finanziaria una crisi politica». Insomma, nessun Paese europeo si salverà dai tagli. Del resto nell'ultimo biennio, a causa della crisi, i Paesi che hanno già adottato l'euro hanno perso terreno. Gli sforzi compiuti negli anni '90 per risanare le finanze e rispettare i parametri al fine di adottare la moneta unica (rapporto deficit-Pil non superiore al 3% e debito-Pil tendente o pari al massimo al 60%) sono ormai inefficaci. Non è un caso che nel 2007, quando ancora l'economia non doveva fare i conti con la crisi, la media del rapporto debito-Pil della zona euro era comunque scesa al 66%. Adesso, senza interventi correttivi, arriverebbe all'88% nel 2011. Una situazione insostenibile che impone lacrime e sangue, soprattutto ai Paesi che negli ultimi anni sono stati presi a modello di sviluppo economico e delle politiche sociali e che adesso sono costretti a tornare indietro.