Ddl Intercettazioni, Alfano: "Fiducia? Non ci sono ragioni"
Il disegno di legge intercettazioni approderà in aula al Senato nel pomeriggio di lunedì 31 maggio. Il provvedimento inizierà il suo iter in assemblea e, con ogni probabilità, lo proseguirà senza che il governo intervenga a porre la fiducia. "Il Governo non ha ragioni per porre la fiducia sul ddl di riforma delle intercettazioni". Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Intanto il Pd e l'Idv chiedono che il testo sulle intercettazioni licenziato l'altro ieri notte dalla Commissione Giustizia del Senato, torni di nuovo in commissione. Dopo la decisione presa a maggioranza in conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama anche l'assemblea ha dato il via libera alla calendarizzazione del provvedimento per la prossima settimana. Bocciate tutte le numerose proposte alternative del calendario presentate dalle opposizioni: non accolta la richiesta di Pd e Idv di rinviare il testo in commissione. Respinte anche altre proposte (più di 80), tra le più disparate: tra le tante, la discussione della Manovra al posto delle intercettazioni, la dilazione di tre settimane dell'esame del provvedimento o addirittura il rinvio a dopo la pausa estiva, un dibattito con il ministro dell'Economia Tremonti, l'esame del ddl anticorruzione, la mozione sui tempi della giustizia, la discussione del ddl sulla professione forense, l'esame del collegato lavoro, della riforma del condominio o della Croce rossa. «No» dell'aula anche alla ipotesi, avanzata da Piero Longo (Pdl), di lavorare anche il 2 giugno, Festa della Repubblica. Da regolamento, invece, non è stato possibile accogliere la richiesta di revoca del contingentamento dei tempi in aula chiesta da Felice Casson (Pd). Schifani ha spiegato che la decisione, anche se presa a maggioranza in capigruppo, non può essere revocata. Al voto si è arrivati dopo una lunga mattinata di scontro tra maggioranza e opposizione. Il Pd ha dato vita a una tattica ostruzionistica iscrivendo a parlare in aula 84 senatori. L'Italia dei valori ha protestato platealmente in aula con i senatori che hanno posto dei post-it gialli sulle loro bocche e hanno esposto magliette con la scritta «Bancarottieri liberi, giornalisti in galera». La polemica si è spostata dal merito del ddl al metodo con cui la maggioranza vuole arrivare alla approvazione. All'inizio della seduta Pd e Idv hanno chiesto che il provvedimento fosse riportato in commissione, lamentando l'ipotesi di arrivare a discutere in aula su un testo «stravolto» rispetto a quello licenziato dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama. «Hanno avuto una fretta inconsulta. Il ministro Alfano - ha spiegato Felice Casson (Pd) nel suo intervento in assemblea - ha sconfessato la propria maggioranza e il relatore del testo. Ci troveremo a esaminare un ddl Alfano sconfessato dallo stesso Guardasigilli». Casson ha chiesto di «evitare di imbavagliare anche il Senato revocando il contingentamento dei tempi per la discussione in aula». A lui ha replicato il vicepresidente del gruppo Pdl, Gaetano Quagliariello, per il quale «è un diritto sacrosanto della maggioranza votare questo provvedimento» e l'opposizione «non può soffocare questo diritto». Per Quagliariello «ci troveremmo in un paese incivile se non dessimo anche all'ultimo dei cittadini o anche a quello più esposto pubblicamente un margine di vita privata». Dopo di lui è intervenuta la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro: «Il presidente Berlusconi dovrà riflettere. Se avesse un ministro vero piuttosto che un portaordini e consiglieri che fossero innanzitutto parlamentari piuttosto che avvocati difensori, l'Italia avrebbe già una buona legge sulle intercettazioni, magari condivisa». Il vicepresidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, ha ragionato: «È buona qualità quella con cui stiamo esaminando questo provvedimento. In gioco c'è una questione di fondo che non mi stanco di ripetere e attiene ai rapporti tra governo e Parlamento. Non condivido la teoria del 'continuum' tra governo e maggioranza, ma osservando i lavori della commissione in questi ultimi giorni possiamo parlare di 'unicum'. Non è una cosa decente che mentre si discute i ministri competenti, fuori dalla commissione, dicono che il testo che sarà portato in aula non sarà quello all'esame della commissione stessa».