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La Protezione civile resta così Letta vince la sua battaglia

Il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta

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Una decisione «politica», per garantire il proseguimento della mission della Protezione Civile che, altrimenti, sarebbe stata stravolta: il cambio di rotta del governo sulle norme che avrebbero dovuto riorganizzare il Dipartimento di via Ulpiano - previste nelle bozze della manovra circolate in questi giorni ma mai entrate in Consiglio dei ministri - nasce da questa considerazione, mediata a lungo e, alla fine, «condivisa» dall'esecutivo. Saltano dunque i provvedimenti che avrebbero ridisegnato completamente il volto del Dipartimento, riducendone i poteri d'intervento in caso di emergenze e grandi eventi. La partita, però, non si è giocata stasera a palazzo Chigi dove, anzi, le cose erano già fatte. Al pre-consiglio i provvedimenti relativi al Dipartimento non sarebbero mai arrivati sul tavolo dei tecnici. E nel corso del Cdm non si è neanche affrontato il discorso relativo all'intera attività del Dipartimento della Protezione Civile. Insomma, nulla di quanto detto e scritto in questi giorni. Da via Ulpiano, dove in questi giorni in silenzio hanno seguito con attenzione le indiscrezioni apparse sulla stampa e relative a quello che sarebbe dovuto essere il nuovo assetto del Dipartimento, si limitano a sottolineare che la decisione di non prendere in considerazione - in fase di stesura definitiva dell'articolato della manovra - i provvedimenti ipotizzati, è stata fatta in un clima di «grande condivisione» all'interno del Governo. Una decisione, si precisa, presa dunque «a livello politico», per garantire la missione della Protezione Civile. E a spendersi con i colleghi di governo sarebbe stato direttamente il sottosegretario Gianni Letta. Certo è che i provvedimenti messi nero su bianco nelle bozze circolate fino a ieri, mettevano seriamente in discussione non solo il ruolo ma soprattutto i poteri del Dipartimento. Innanzitutto si prevedeva che le ordinanze di Protezione civile con cui viene dichiarato lo stato d'emergenza dovessero essere «emanate di concerto con il ministero dellEconomia» e inoltre si affermava che le calamità naturali e le catastrofi avrebbero dovuto essere fronteggiate con «mezzi e poteri straordinari» solo se si determinano «situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente». Veniva inoltre tolta al Dipartimento - e questo era ed è sicuramente il nodo politico più importante - la gestione dei grandi eventi, mentre le spese per le emergenze venivano sottoposte al controllo «preventivo» della Corte dei Conti.

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