Berlusconi alza la voce e Tremonti si adegua
«Adesso vado in Consiglio dei ministri e ci penso io». Silvio Berlusconi è stato letteralmente sommerso di chiamate e telefonate. S'è rinchiuso a Palazzo Grazioli e non ha voluto partecipare alle riunioni istituzionali con le parti sociali. Non è un mistero che premier e ministro dell'Economia avessero visioni diverse su molti punti di quella che può considerarsi a tutti gli effetti una Finanziaria anticipata. Visioni che hanno cozzato sino all'ultimo momento al punto che il Consiglio dei ministri di ieri sera è cominciato con un'ora e mezza di ritardo. Chiusi in una stanza a Palazzo Chigi sono rimasti per tutto quel tempo Berlusconi, Tremonti e Gianni Letta. Sul tappeto c'erano ancora i nodi sulla tracciabilità visto che il premier spingeva per una soglia alta e il ministro invece per una più bassa (il compromesso, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stato raggiunto con l'abbassamento della soglia da 7.000 a 5.000 euro). Stesso discorso anche sui tagli agli statali e i tetti in base ai quali far partire la mano pesante che invece Berlusconi voleva più leggera. Altro punto della discordia erano i ticket imposti alle Regioni. Più in generale il premier non voleva una Manovra che andasse a toccare direttamente e largamente le tasche dei cittadini. Meglio, era la sua richiesta, un provvedimento che intervenisse sulla spesa. Insomma, spiegherà poi al Consiglio dei ministri, il messaggio è quello che lo Stato deve costare meno agli italiani. Ma tutto il parto della Manovra è stato costellato da stop and go tra i due personaggi forti del governo. Tanto che in più occasioni il titolare del dicastero di via XX settembre ha minacciato le dimissioni, un comportamento che ha fatto infuriare il capo del governo che generalmente non ama gli irrigidimenti. E soprattutto detesta le trattative infinite su ogni minima virgola. Il rapporto tra i due indubbiamente ha accusato delle crepe in questa circostanza. E quando Tremonti va in affanno, scende sempre in campo prontamente Umberto Bossi. Il quale subito dopo pranzo metteva le mani avanti: «Oggi incontrerò Berlusconi e Tremonti e getterò acqua sul fuoco». E rimarcava ancora che Giulio «è un bravo ministro» e che gode della sua stima. La Lega blinda il «suo» ministro dell'Economia tanto che La Padania oggi uscirà con un titolo in prima pagina che ricorda la «piena fiducia» all'autore della Manovra. La situazione comunque rischia di lasciare strascichi. Dopo la riunione del governo non c'è stata alcuna conferenza stampa, segno evidente di un chiarimento in arrivo. Per questo in serata, dopo la riunione del governo, Berlusconi e Tremonti sono saliti sulla stessa auto con direzione Palazzo Grazioli dove ad attenderli c'erano Bossi, Calderoli e Cota. Dopo la cena il leader del Carroccio si è detto «soddisfatto» e ha minimizzato i dissapori tra Berlusconi e Tremonti: «Non c'è nessuna tensione quando ci sono io». Palazzo Chigi ha informato che l'incontro con i giornalisti ci sarà, oggi pomeriggio per la precisione, e il titolare dell'Economia tornerà per l'occasione da Parigi dove stamattina partecipa a un vertice Ocse. Alla fine comunque il decreto per la stabilizzazione dei conti pubblici è senz'altro di marca tremontiana ma è stato alleggerito in molte parti piuttosto dure così come voleva il presidente del Consiglio. Il Cavaliere d'altro canto è spaventato dalla situazione che si è venuta a creare. Dalla sua bocca non è ancora mai uscita la parola sacrifici, che invece è stata pronunciata in maniera inequivocabile dal sottosegretario alla presidenza Gianni Letta. E sa bene come il governo cominci ad accusare un lieve calo dei consensi. Lieve che può trasformarsi in un cedimento più consistente per poi diventare un preoccupante trend. Certo, non ci sono scadenze elettorali alle porte ma Berlusconi si rende conto che non avrà molte risorse per riprendersi almeno nel breve periodo. Stasera premier e ministro dell'Economia spiegheranno i contenuti della Manovra ai deputati, esortandoli a illustrare i punti fondamentali ai cittadini sul territorio. Non è un caso che proprio ieri il capo del governo abbia acconsentito a un ammorbidimento del disegno di legge sulle intercettazioni: la rivolta in tv dei giornalisti e dei magistrati tutti i giorni rischia di creare effetti devastanti nel consenso del governo. E di creare anche degli ulteriori problemi con i finiani che proprio in questa fase si erano mostrati più responsabili. Dunque, tutti uniti ora. Perché la fase che si apre sarà dura. E piena di rischi.