Alla fine, ha vinto la Lega

Nonostantel'appello dei giorni scorsi del sindaco Alemanno e l'ottimismo della vigilia, almeno sul trasferimento di quei 500 milioni di euro vitali per evitare il dissesto delle casse, la manovra Tremonti si abbatte sulla Capitale come uno tsunami. Che le cose non sarebbero andate bene, lo si è appreso già nella mattinata di ieri, quando Alemanno, uscito da Palazzo Chigi, commentava: «Per i 500 milioni di Roma Capitale ci sono moltissimi rischi perché la manovra è pesantissima. L'importante è che sia garantito un intervento strutturale, ciò che rimane da sapere è l'ammontare dell'intervento stesso». Nel pomeriggio il primo cittadino è presente al Consiglio dei ministri, dove si scopre che l'ammontare è di 200 milioni di euro. Meno di quanto stabilito nel 2008 a copertura del piano di rientro del deficit di 9,6 miliardi e, per di più, vincolato «alla verifica positiva da parte del ministero dell'Economia dell'adeguatezza delle misure occorrenti per il reperimento delle restanti risorse». Una notizia che oscura gli animi. Ma il peggio, comunque, doveva ancora arrivare. E non riguarda tanto l'obbligo del contenimento della spesa, della riduzione delle partecipate, dei costi degli organi capitolini, della centrale unica per gli acquisti, misure del resto già varate dalla giunta Alemanno. La vera bastonata arriva infatti con i nuovi dieci «strumenti» messi a disposizione del sindaco per il reperimento delle risorse necessarie ad evitare che il bilancio del Comune vada in default. Strumenti che rientreranno nella facoltà del sindaco applicare o meno ma che, in soldoni, si traducono in nuove tasse per romani e turisti. Una misura talmente drastica e dirompente dal punto di vista politico che costringe lo stesso Alemanno in serata a dichiarare: «Le notizie diffuse in merito al fondo per Roma Capitale contenute nella bozza di manovra all'esame del Consiglio di Ministri sono imprecise e destituite di fondamento». La manovra, però, doveva ancora essere approvata. Il testo, invece, è proprio quello e prevede nel particolare l'introduzione della «tassa di soggiorno» per chi alloggia nelle strutture alberghiere. L'importo sarà stabilito in proporzione alla classificazione degli hotel e comunque non potrà superare i dieci euro. Sempre nel settore turistico si potrà introdurre anche un'addizionale comunale per i diritti di imbarco dei passeggeri sugli aerei in arrivo o in partenza da Roma fino al massimo di un euro. Decisa poi la possibilità di introdurre la «tassa di scopo» per la parziale copertura delle spese di realizzazione delle opere pubbliche (come potrebbe essere ad esempio la linea D della metropolitana) e investimenti in servizi sociali. L'Anas, poi, potrà decidere di introdurre il pedaggio sul Grande Raccordo Anulare per le bretelle di collegamento con le autostrade. Stangata anche sugli immobili, con la possibilità di incrementare fino al 4 per mille l'Ici sugli immobili sfitti (aliquota che a Roma è già al 9 per mille per le case sfitte da più di due anni). Non è finita però. Alemanno potrà decidere infatti di aumentare l'addizionale comunale sull'Irpef, imporre un'accisa sull'energia elettrica (massimo 20 euro per mille Kwh), inserire un contributo straordinario sulle valorizzazioni immobiliari fino all'80% del valore aggiuntivo e, forse l'unica misura «indolore», la possibilità di utilizzare i proventi degli oneri di urbanizzazione e costruzione anche per le spese di manutenzione ordinaria della viabilità urbana. E sullo sfondo, seppure non nella manovra approvata ieri sera, l'abolizione del 10% dell'Iva sulla tariffa rifiuti che il Comune dovrà comunque recuperare. Alla fine, l'unico risultato incassato dal sindaco capitolino è quello di aver trasfromato il fondo dei 200 milioni in strutturale, ovvero un diritto acquisito e non più sottoposto alla manovra annuale. La Finanziaria targata Tremonti andrà ora all'esame di Camera e Senato. Ed è proprio ai parlamentari romani che si dovrà appellare Alemanno per evitare che la storica stangata economica si trasformi rapidamente in una inevitabile stangata politica.