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Giustizia: Alfano difende l'indipendenza dei giudici

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano

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PALERMO - L'applauso più forte lo strappa la promessa del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. Quel «difenderemo l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo» detto dallo scranno dell'aula bunker del carcere Ucciardone, lo stesso su cui sedeva da giudice a latere del primo maxiprocesso alle cosche. È allora che gli oltre 2500 ragazzi, giunti da tutta Italia per ricordare l'eccidio di Capaci, si alzano in piedi e battono le mani. Un richiamo a un tema d'attualità nel giorno del ricordo della strage, quello del capo della Dna, che raccoglie l'approvazione di Walter Veltroni («sottoscrivo le sue parole») e obbliga il ministro della Giustizia Angelino Alfano, seduto qualche sedia più in là, a una risposta immediata: «L'indipendenza e l'autonomia della magistratura non saranno mai messe in discussione». Passato e presente, oltre che nei riferimenti ai temi caldi del dibattito politico sulla giustizia, si rincorrono e si incontrano durante tutta la giornata dedicata alla memoria dell'eccidio del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e dei tre agenti della scorta. Come nei ripetuti accenni alle nuove inchieste sulle stragi del '92. Dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che affida a una lettera il suo saluto ai giovani arrivati a Palermo, giunge il «massimo sostegno alle indagini che cercano di chiarire gli aspetti ancora oscuri di quel periodo». Un riferimento agli sviluppi investigativi che arrivano dalla procura di Caltanissetta ripreso anche dalla sorella di Giovanni Falcone, Maria, presidente della fondazione che ha organizzato le commemorazioni. «Non so se siamo più vicini alla verità sulle stragi - dice - ma abbiamo ormai la certezza che a farle non fu solo la mafia. D'altronde Giovanni aveva detto che dietro a Cosa nostra ci sono menti raffinatissime». Pronto a sostenere chi cerca di far luce sui tanti misteri della stagione stragista anche il ministro Alfano, che bolla, però, le fughe di notizie sulle indagini in corso: «Non conosco gli atti riservati, ma solo quello che viene pubblicato in violazione del segreto istruttorio e che - osserva con disappunto - a volte, può aiutare la mafia». Ma il giorno della memoria è anche giorno dei bilanci: del Governo che, attraverso il ministro dell'Interno Roberto Maroni, elenca i numeri della lotta alla mafia - 361 latitanti arrestati, 4000 beni confiscati e oltre 2 miliardi di euro sottratti ai boss - e del procuratore di Palermo Francesco Messineo. «È tempo di chiedersi se il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - dice - è stato vano. Ebbene io credo di no. Tanti successi sono stati ottenuti. Anche se la guerrà non è ancora vinta e resta la sfida del contrasto al crimine economico-mafioso». Gli interventi istituzionali si alternano alle poesie e ai canti dei ragazzi e ai filmati sull'eccidio in un'aula bunker, per un giorno, colorata dai disegni e dalle foto degli studenti che indossano una maglietta bianca con scritto un pensiero di Falcone: «Gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». Mentre il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, arrivata a Palermo con le scolaresche, ricorda che «la legalità nasce sui banchi di scuola», il ministro Alfano invita i giovani a ridare il giusto significato a parole come «onore e rispetto», snaturate nel gergo di Cosa nostra.

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