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Il condono meglio delle tasse

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Quellache si presenta a Silvio Berlusconi è l'opportunità unica per tagliare con la motosega la spesa improduttiva, i costi della politica e cominciare una seria lotta ai furboni delle tasse. Da decenni l'Italia discute di sommerso ed evasione senza trovare una soluzione permanente. Il presidente dell'Unione Europea Josè Manuel Barroso ieri ha sottolineato come sull'evasione «in alcuni Paesi ci sono problemi enormi, serve una cultura del rigore». La Grecia è finita com'è finita proprio grazie alla politica di bilancio dissennata, ai favori di regime, a un welfare marziano e a un'evasione da record che ricorda molto da vicino quella italiana. Il Tempo ieri ha documentato come il 40 per cento dei possessori di yacht nel nostro Paese abbia la faccia di bronzo di dichiarare redditi inferiori al canone del leasing nautico che pagano. Dovrebbe bastare questo per capire che si è passato ogni limite e siamo non fuori dal buonsenso ma fuori di testa. I redditi da lavoro dipendente in questo Paese sono strizzati al limite, quelli delle imprese che stanno onestamente sul mercato pure (complice un costo del lavoro altissimo), la manovra economica va fatta, pompando carburante da serbatoi fiscali finora inesplorati. Non sono un fan dei condoni, ma l'idea di un provvedimento che faccia emergere le centinaia di migliaia di abitazioni che sono sfuggite al catasto, in cambio di denaro fresco da versare in cassa e di un'emersione certa per il futuro, non è da scartare e provo anche a spiegarvi il perché. Lasciate perdere la demagogia dell'opposizione, il Pd non ha una soluzione per i conti pubblici se non la solita, quella ben nota ai cittadini che hanno provato la cura dei gabellatori del governo Prodi. Il condono può evitare un percorso fiscale accidentato e contribuire a superare la crisi. Ci sono validissime ragioni per farlo e chi lo nega in nome della propaganda o dei sondaggi non ha capito cosa sta accadendo. Un recente studio dell'Agenzia delle Entrate dimostra come lo scudo fiscale sia stata un'idea vincente. I novantacinque miliardi del rimpatrio dei capitali di firma tremontiana sono stati un toccasana. Senza quei soldi saremmo in una situazione da pre-Grecia. A fronte di 95 miliardi rimpatriati, lo Stato ha incassato 4,5 miliardi con un tasso di rendimento dell'operazione pari al 4,7 per cento. Che cosa sarebbe successo senza lo scudo? L'Agenzia delle Entrate fa una simulazione, ipotizzando che quei 95 miliardi siano stati accertati invece di essere dichiarati spontaneamente attraverso lo scudo. Primo problema: i soldi non sono immediatamente disponibili, perché bisogna passare dall'accertato al riscosso. Secondo problema: per portare il fieno in cascina devono passare nove anni. Terzo problema: anche facendo professione di ottimismo, la percentuale di riscosso rispetto all'accertato non è elevatissima. Quarto problema: bisogna aggiungere i costi per la riscossione. Spese enormi che bisogna detrarre per calcolare il rendimento netto: 972 milioni di euro il primo anno e oltre un miliardo di euro per il secondo anno. Troppo tempo, alti costi, risultato incerto. L'Italia è in una situazione diametralmente opposta: poco tempo, costi da abbattere, risultati certi da conseguire. In parallelo al condono e all'emersione di nuovi cespiti da tassare per il futuro, si comincino a colpire i furboni che dichiarano redditi da fame ma girano in fuoriserie e si tuffano dallo yacht. Per loro la festa è finita. E lo stesso vale per i parrucconi della politica: via le poltrone inutili, via le auto blu, forbici su stipendi in gran parte immeritati. Senza tutto questo, la strada può essere molto più dolorosa e già in queste condizioni saranno inevitabili tagli verticali e orizzontali sulla spesa pubblica, il blocco di alcune categorie di contratti, l'introduzione di misure straordinarie per tagliare e finanziare la spesa sanitaria che galoppa. Non fidatevi di chi propone alternative magiche. Dietro ai loro proclami c'è una sola parola: tasse. Mario Sechi

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