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Il Fisco va in barca

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L'età dell'oro ci ha salutato beffardamente con la crisi finanziaria del 2008, la ripresa è debole e in realtà siamo ancora dentro una bolla speculativa che colpisce i più deboli e indebitati. La Grecia è l'esempio di quel che può accadere a chi non mantiene la testa sulle spalle e i conti in sufficiente ordine. Chiusa l'epoca dell'euforia irrazionale, s'è aperta quella dei “sacrifici”. L'importante è che siano per tutti. Quando appena l'1% dei contribuenti, cioè solo 418mila persone dichiara un reddito oltre i 100.000 euro l'anno, qualcosa a lungo andare va storto. La coesione sociale si rompe. Questo non è un discorso né di destra né di sinistra, ma di puro buonsenso. Cari lettori de Il Tempo, fate un piccolo e istruttivo esperimento. Prendete la famigliola, salite in macchina e fate un giretto nei porticcioli turistici. Il porto di Ostia è il più vicino a Roma. Scendete dall'auto. Ammirate il design degli scafi, le vele, i timoni, le patriottiche bandiere panamensi e delle isole Cayman e chiedetevi: come possono permetterseli? Come se li pagano? Di solito si stipula un contratto di leasing nautico e si versano dei canoni ogni mese. Tutto bene, peccato che secondo gli ultimi dati dell'Agenzia delle Entrate le rate del leasing siano in oltre il 40 per cento dei casi superiori al reddito dichiarato. Hanno la barca, la pagano, ma se prendiamo per buoni i modelli unici del Fisco non se la possono permettere. Finchè la barca va…

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