Venezia affonda, verdi di rabbia
«Di fronte all'arroganza della politica romana non si poteva fare di più. Hanno fatto finta di farci competere. Ad affossare la candidatura di Venezia è stata la politica dei palazzi romani». È lo sfogo incontrollato del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. Roma è la canditata italiana per l'Olimpiade 2020. La Laguna affonda. E il Nord non ci sta. La Lega sbraita. Urla. Insulta. È furibonda. Si fa verde, stavolta di rabbia. Rispolvera i preistorici slogan sulla «Roma ladrona». A iniziare da quel senatore leghista, tal Giuseppe Leoni membro del Consiglio Nazionale del Coni, che dal Salone d'Onore invoca il furto dei Giochi. «Questa votazione, per come si è svolta, è la dimostrazione che tutti erano già d'accordo», dice il parlamentare tra i fondatori del Carroccio assieme a Umberto Bossi. «Roma ladrona adesso ci ha rubato anche l'Olimpiade, questo è il modo di operare di uno Stato ottocentesco che tende ad accentrare tutto». Lo sfogo di Leoni sembra uno scatto d'ira, di chi perde un match sul campo e non vuole ammettere la sconfitta. E improvvisamente invoca il Federalismo. Si scaglia contro il Coni, che avrebbe penalizzato Venezia perché dall'elezione alla regione Veneto di Luca Zaia alla votazione di ieri sarebbe passato troppo poco tempo (seppur ammettessimo il principio, Renata Polverini è stata eletta nel Lazio negli stessi giorni). Annuncia la creazione di un Comitato olimpico tutto padano. E minaccia: «Adesso Roma ladrona deve stare attenta a tenere giù le mani dal Gran Premio di Formula 1». Eppure, si chiedono gli addetti ai lavori del Coni, lo sport non dovrebbe essere autonomo? Per il Nord non è così. Lo dimostrano gli attacchi politici di ieri e delle scorse settimane. Le pressioni alle presidenza di Gianni Petrucci sono arrivate, infatti, tutte dal Settentrione. La Lega, per bocca del Governatore Luca Zaia, ha chiesto lo scrutinio segreto per la votazione del Consiglio Nazionale. Pretendeva, in pratica, di modificare le regole del gioco rendendole meno trasparenti. Altra pressione: il Carroccio ha invitato alla votazione del Consiglio nazionale, esigendo quindi di eliminare sia il parere del comitato predisposto a valutare le candidature e sia l'indirizzo della Giunta del Coni. Inoltre, in questi giorni, i nordisti hanno cercato di mettere in piedi una operazione di comunicazione anti-Petrucci. Tra gli addetti ai lavori, e le redazioni di alcuni giornali, è stata diffusa una notizia (falsa): Petrucci avrebbe chiamato i presidenti federali obbligandoli a votare Roma, pena un taglio drastico ai contributi. Il presidente del Coni, in realtà, non ha interferito in alcun modo. Non solo perché smentisce il presunto piano anti-Venezia ieri in pubblico: «Alzi la mano chi ha subito pressioni da me». Ma in quanto i contributi alle federazioni sono deliberati da una commissione tecnica di valutazione di parametri specifici (imposti dal Cio) approvati dallo stesso Consiglio nazionale e sulla quale il presidente non ha poteri. Insomma, la Lega ha provato in tutti i modi a modificare la scelta che oggi premia Roma. Sulla sconfitta intervengono parlamentari di Montecitorio e Palazzo Madama. Il senatore Piergiorgio Stiffoni spiega che la conseguenza di questa scelta «sarà una tassa straordinaria per tappare i buchi romani». Il leghista Giovanni Torri elenca già i presunti debiti capitolini, puntando il dito sul sindaco Alemanno. L'assessore al Bilancio del Veneto, Roberto Ciambetti (Lega), spera che «il Cio valuterà non la candidatura di Roma, ma vicende come quella della "cricca", lo scandalo delle piscine dei mondiali di nuoto, le metropolitane che attendono i Mondiali di calcio del 1990». Il ministro Bossi chiede a Zaia di mediare con la Capitale «per ottenere almeno i giochi acquatici». Proposta, anche questa, non compatibile con i regolamenti. E il presidente del Veneto, intanto, continua a criticare i metodi con cui Roma si aggiudica la candidatura. Eppure il Codice etico del Cio, alla Carta 14, parla chiaro: due città in competizione per ottenere i Giochi Olimpici non devono offendersi. Roma non lo ha fatto.