segue dalla prima Che ci sia una situazione internazionale, a livello economico e finanziario, assai grave è fuor di dubbio.
Tuttavia,ci sono alcuni elementi che il governo non deve perdere di vista se non vuole veder ridimensionata la sua credibilità e ridotti i margini del suo consenso. Quante volte, nel corso della storia dell'Italia repubblicana, sono state presentate ai cittadini leggi finanziarie di "lacrime e sangue" con la promessa che non ve ne sarebbero state altre e che i conti dello Stato sarebbero tornati in ordine e che i sacrifici richiesti sarebbero stati ripagati con un riordino della materia fiscale? Tante, troppe volte. Passi, per i governi di centrosinistra, che hanno nel loro Dna l'idolatria dello statalismo, il disprezzo malcelato nei confronti della libera iniziativa, una cronica insofferenza per il mercato e la tendenza a un uso spregiudicato della tassazione. Ma non è affatto accettabile che i governi di centrodestra finiscano per muoversi sulla stessa linea dimenticando che il loro ciclo fortunato è iniziato all'alba degli anni novanta con la discesa in campo di Berlusconi che prometteva rivoluzione liberale e liberista fondata sull'ammodernamento delle istituzioni, sulla eliminazione di privilegi e sprechi, sulla lotta all'evasione e, soprattutto, su una riforma fiscale che legasse lo sviluppo economico alla riduzione delle tasse. Qualcosa è stato pur fatto, a livello, per esempio di semplificazione amministrativa e burocratica. Ma si tratta, sempre, di inezie, troppo spesso vanificate dalla persistenza o ripresa dei meccanismi corruttivi e dalla intangibilità se non addirittura dalla lievitazione dei costi della politica: i più gravosi e i più odiosi, perché i più incomprensibili per la grande massa dei cittadini. Si pensi, per esempio, al caso del finanziamento pubblico dei partiti introdotto nel 1974, travolto a furor di popolo dal referendum abrogativo del 1993 (i sì ottennero il 90,3% dei votanti), ma poi, in maniera surrettizia, reintrodotto sotto forma di rimborso delle spese elettorali visto il fallimento degli introiti su base volontaria legati all'apposito fondo 4 per mille dell'Irpef. Si pensi al livello del trattamento economico dei parlamentari europei (quello degli italiani è più elevato rispetto alla media di quello dei colleghi di altri paesi) e dei parlamentari nazionali articolato in indennità, diaria di soggiorno a Roma e rimborsi vari, rimpinguato, come se non bastasse, da privilegi di natura previdenziale e sanitaria oltre che da un assegno di fine mandato. Si pensi, poi, all'esercito di politici e politicanti locali e alla folta schiera di consulenti a tutti i livelli, spesso solo comparse e amici degli amici. Si pensi, ancora, al numero eccessivo e inutile di parlamentari, sovente assenti dalle aule anche in momenti critici. Si pensi, ancora, al problema delle province: enti inutili che, anziché essere eliminati, sono cresciuti di numero comportando lievitazione di costi. Si potrebbe proseguire a lungo. Ma sarebbe, dopo tutto, superfluo. Queste situazioni le conoscono e ne parlano tutti. Con indignazione o rassegnazione. È bene, tuttavia, rammentarne l'esistenza quando si ventila l'ipotesi di una "manovra europea" che spillerà altre lire dalle tasche degli italiani. Non si possono toccare le liquidazioni o imporre tagli o blocchi agli stipendi senza, una buona volta, affrontare davvero il tema del costo della politica. Non bastano le misure demagogiche o propagandistiche sulla riduzione delle auto blu o di qualche punto di indennità dei parlamentari per bilanciare i sacrifici che si chiedono al Paese: in particolare a una parte del Paese, quella che ha il reddito fisso e non è in grado, neppure se lo volesse (ma probabilmente non lo vorrebbe, perché davvero la parte sana della nazione, quella che produce e lavora) di evadere come riescono a fare i furbi o i privilegiati. Berlusconi ha ragione di affermare che gli italiani sono con lui e lo sostengono con un consenso mai visto prima. Ma questo consenso è fondato su una apertura di credito per la sostituzione della vecchia politica e l'eliminazione dei privilegi della casta. Gli italiani hanno sempre versato "lacrime e sangue" quando è stato loro imposto. Lo faranno ancora, probabilmente, se sarà necessario. Ma questa volta, senza sconti. Il governo dovrà dare un segnale forte. L'antipolitica, quella estrema e pericolosa, è dietro l'angolo. Francesco Perfetti