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Andrea Gagliarducci «Basta la Costituzione, che sancisce l'inviolabilità della vita», scandisce il senatore Domenico Nania.

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Mentreil ddl sul testamento biologico viene esaminato alla Camera, Nania illustra la sua proposta in un libro intitolato: «Il testamento biologico. La terza via» (Koiné edizioni), presentato ieri a Roma. Una proposta che si basa sulla lettera della Costituzione. Spiega Nania: «Fermo restando il principio del rifiuto di ogni forma di eutanasia, resta da chiarire meglio il profilo della responsabilità del "paziente". Penso che per impedire l'eutanasia basti il principio di inviolabilità della vita sancito dalla Costituzione». In questo dibattito, i singoli concetti sono fondamentali: chi sostiene l'indisponibilità della vita, afferma che la vita non è un bene proprio. Scendendo nella pratica, scegliere anticipatamente quando porre fine alla propria esistenza non è un diritto, perché non va al di là del principio del rifiuto dell'accanimento. Il principio di inviolabilità della vita, invece, mette l'accento sul valore della vita, senza però impedire alla persona di fare le proprie scelte. Afferma Nania: «Una persona dovrebbe poter decidere di non avere un sostegno vitale. Il medico, sulla base del principio del consenso informato, deve spiegare che l'eutanasia non è riconosciuta dallo Stato. Ma, dopo che una persona rifiuta le cure, questa deve poter tornare nella sua personale libertà, e non essere più curato, consapevole che si sta suicidando». Per Nania, l'eutanasia è «coinvolgere terzi in decisioni personali». Fisichella non è d'accordo. Auspica una legge «il più possibile condivisa» in Parlamento, confida in un «dibattito serio», ma avverte: «Il limite che non può essere superato è accettare in forme evidenti o nascoste il principio di eutanasia».

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