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Berlusconi prepara il governo delle riforme

Il premier Silvio Berlusconi

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L'obiettivo è uscire dall'angolo. Non continuare ad aspettare che arrivino altre bordate dalle inchieste giudiziarie. Non rimanere fermo a schivare i colpi che partono anche dall'interno della maggioranza. Da Fini, ma non solo. Insomma, Silvio Berlusconi vuole riprendere l'iniziativa politica. La nota dell'altro ieri conteneva due punti fondamentali: chi sbaglia paga; basta fango. E segna un giro di boa, come aver chiuso un conto, aver voltato pagina. Ora il Cavaliere sta per ripartire. Ha seguito con una certa attenzione il riavvicinamento di Pier Ferdinando Casini, le dichiarazioni aperturiste sulle misure di anti-crisi economica. Il fatto che il leader dell'Udc abbia moderato anche i toni contro la Lega ha reso così più agevole un'eventuale trattativa con il governo. Il premier potrebbe così lanciare una sorta di «governo per le riforme» già nella prossima settimana. Il timing non è definitivo anche perché potrebbero esserci novità significative sul fronte giudiziario che potrebbero imporre anche un cambio di agenda. Tuttavia un appello in settimana consentirebbe anche a Casini di rispondere alla convention che l'Udc terrà a Todi alla fine della prossima settimana. Ieri Liberal, il giornale di Adornato dell'area centrista, rilanciava con un editoriale dell'economista Enrico Cisnetto l'ipotesi di un «governo di emergenza» che faccia fronte alla crisi globale e agli scandali nazionali. E conteneva anche un'intervista al filosofo notoriamente in sintonia con il Quirinale, Biagio De Giovanni, il quale si rivolgeva direttamente al Pd chiedendo di non lasciare solo l'ex presidente della Camera. Non solo Casini sarebbe pronto a rispondere affermativamente all'appello del Cavaliere. Anche Francesco Rutelli, che si appresta a confluire nel nuovo «partito della Nazione» di marca casiniana, potrebbe dichiararsi disponibile. I centristi sicuramente non entrerebbero nel governo, almeno nella prima fase. Su questo lo stesso ex presidente della Camera, al Tg2, è stato esplicito: «Il ritorno dell'Udc nel centrodestra? Cose vecchie che non ci interessano e sono degradanti per noi, per i nostri elettori e forse anche per la stessa maggioranza».   Ma subito dopo ha aggiunto: «Serve una fase nuova: il governo faccia un grande appello all'opposizione» perché il Paese rischia «di andare a fondo». E che fare per evitare il crollo? Sicuramente dare il via libera al decreto per l'emergenza Grecia, su cui peraltro anche il Pd aveva dato una generica disponibilità. Poi c'è la partita più ampia della Manovra da 26 miliardi cui una buona metà dovrebbe essere anticipata prima dell'estate. E soprattutto c'è il capitolo, più di prospettiva, delle riforme istituzionali. In questo senso Berlusconi guarda con grande interesse a Casini anche perché il sogno è arrivare a quota due terzi. Due terzi dei parlamentari che votano il grande cambiamento delle istituzioni, consentendo così di evitare il referendum confermativo che nell'altra legislatura fu la tomba della devolution. Pdl e Lega al momento hanno 330 deputati, cinque sono dell'Mpa e altri cinque sono andati via dall'inizio della legislatura: e fanno 340. L'Udc conta 39 deputati, l'Api di Rutelli altri otto. Manca ancora una quarantina di voti per giungere a quota due terzi. De Giovanni sembra suggerire la linea: «Credo che un'apertura dell'attuale maggioranza all'Udc e magari anche a qualche esponente laico e cattolico come Rutelli e i suoi o come Fioroni, che ha già un piede fuori dal Pd, potrebbe fare molto bene e potrebbe dare, finalmente, quelle riforme condivise che al Paese servono più di ogni altra cosa». Sono tutti pronti a scendere in campo. Si attende solo il fischio d'inizio del Cavaliere.  

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