«Stretta inevitabile ma anche per gli alti redditi»

Perchèsia ben chiara una cosa: qui c'è il rischio che stringendo gli stipendi vengano compressi i consumi e di conseguenza bloccata la ripresa economica». Paolo Pirani, responsabile per la Uil del pubblico impiego ci tiene a mettere i paletti ma mostra anche di muoversi con grande cautela. È innegabile che questa volta il sindacato si trova in una posizione delicata. Deve far digerire al pubblico impiego una cura da cavallo inevitabile. Siete in imbarazzo, come la mettete? «Nessun imbarazzo. È del tutto evidente che siamo in presenza di una manovra di rigore imposta dalla situazione economica interna e internazionale. Si tratterà di conoscere l'entità ma noi non ci siamo mai sottratti dall'assumerci le nostre responsabilità e fare la nostra parte in politiche di rigore. Piuttosto saremo molto attenti all'equità. Respingeremo manovre unilaterali che si rivolgessero ai ceti più deboli. Chi più ha, più deve pagare. È giusto da un lato mantenere i capisaldi dello stato sociale ma anche garantire al Paese la condizione che lasci aperta la strada allo sviluppo. La manovra se è tutta recessiva sarebbe negativa». Quindi secondo lei dove bisognerebbe tagliare? «Bisogna combattere gli sprechi. Ci aspettiamo la chiusura della miriade di centri di spesa giustificati solo da logiche politiche. Ci sono migliaia di enti inutili e sovrapposizioni di funzioni. È qui che bisogna incidere». E le pensioni? Ci sono ipotesi di chiusure di finestre per le anzianità... «Basta parlare di pensioni. Abbiamo già fatto un accordo che adegua l'età della pensione alle aspettative di vita. Quindi il meccanismo è già flessibile ed è il migliore in Europa». A proposito di equità, il taglio del 5% proposto dal ministro Calderoli per le retribuzioni dei parlamentari? «Mi sembra poca roba. Piuttosto c'è un problema di riduzione del numero dei parlamentari che è il doppio degli altri parlamenti europei». I nuovi contratti del pubblico impiego rischiano di essere vuoti. Che farete? «C'è il rischio di tornare al patto sabaudo in base al quale allo statale si dava poco perchè gli si chiedeva poco, e quindi in contraddizione palese con il principio della premialità della produttività. E poi partire con i tagli a chi prende 1.200 euro al mese lasciando intatte le retribuzioni dei non contrattualizzati, i baroni universitari, gli alti gradi delle forze dell'ordine, i gran commis di Stato, bè sarebbe davvero, a dir poco, una bizzarria». L.D.P.