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La Marcegaglia dice no Il dopo Scajola è un rebus

La presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

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Emma Marcegaglia dice no. Non ci sono conferme ufficiali ma neppure smentite. A quanto sembra Silvio Berlusconi avrebbe offerto alla presidente di Confindustria di assumere l'incarico di ministro dello Sviluppo Economico. Ma la Marcegaglia avrebbe rifiutato facendo sapere di voler completare il suo mandato a viale dell'Astronomia. Dunque, il rebus del dicastero di via Veneto non sembra vicino alla conclusione. Berlusconi vorrebbe lavorarci nel corso del fine settimana ma la partita sembra complicarsi sempre di più. La poltrona è stata abbandonata da Claudio Scajola il 4 maggio scorso. Il giorno dopo Berlusconi, nell'assumere l'interim, aveva garantito che sarebbe durato «giorni» il suo incarico. E aveva tenuto a specificare: «Devo consultarmi con gli alleati all'interno del governo e quindi mi sono preso qualche giorno di tempo per una decisione che deve essere ponderata». Parlando poi con i dirigenti del dicastero aveva fatto sapere che in tre o quattro giorni avrebbe risolto. All'inizio della settimana che si avvia a conclusione avrebbe dunque dovuto sciogliere la riserva svelando il nome del nuovo ministro. Ma così non è stato. L'ipotesi che sembrava più vicina alla soluzione era quella di promuovere Paolo Romani a ministro lasciandogli anche le deleghe per le Comunicazioni e di farlo affiancare da Guido Possa, un amico di vecchia data del premier, che sarebbe diventato così viceministro per la parte energetica. Altra soluzione che sta affiorando negli ultimi giorni è quella di nominare Francesco Casoli, imprenditore e senatore che non dispiace a Confindustria e riscuote il placet leghista.   La trattativa però sembra piuttosto più complessa. Si era fatta avanti la Lega che con Umberto Bossi aveva proposto di spostare Giancarlo Galan, appena nominato ministro delle Politiche Agricole al posto del neogovernatore veneto Zaia, allo Sviluppo Economico. In questo modo il Carroccio poteva «rientrare in possesso» della competenza sull'Agricoltura, che ha un peso di primo piano in Regioni come il Veneto e il Piemonte, oggi appunto governate dai leghisti. Tanto è vero che lo stesso Zaia, nell'abbandonare gli uffici di via XX settembre, aveva fatto sapere che in realtà sarebbe tornato frequentemente a Roma visto che nella Capitale ci sono ancora importanti centri decisionali. Ma i rapporti con la Lega si stanno facendo sempre più delicati su altri fronti. Il drastico peggioramento dei conti pubblici sta inducendo anche a rivedere il capitolo federalismo fiscale. entro la fine di giugno il ministro dell'Economia Giulio Tremonti dovrebbe rendere noti conti e costi della riforma economica. Appare sempre più probabile che il federalismo procederà in due fasi. Per semplificare, un primo tempo vedrà la devoluzione soprattutto dei poteri e un secondo della parte meramente fiscale. Si vedrà anche perché a Napolitano era stata promessa una fase di transizione breve.  

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