Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Un calcio alla casta

Esplora:
Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

  • a
  • a
  • a

Silvio s'è rotto. La pazienza di Berlusconi s'è esaurita e da questo momento chi nel Pdl rompe paga e chi viola le regole etiche e le norme penali può considerarsi finito. Il Cavaliere è un campione della mediazione, ma stavolta gli ominicchi che si annidano nel Pdl sono avvisati. Chi viene pescato con le mani nella marmellata, sia pronto a farsi da parte. Berlusconi sa che l'opinione pubblica distingue le inchieste politiche da quelle fondate sulle prove, la persecuzione dal perseguimento dei reati. Il premier nella vicenda delle case dei potenti s'è comportato bene: ha difeso Claudio Scajola, ma ha guardato con attenzione lo scenario che si disegnava intorno al ministro. Poi ha deciso che il governo non poteva essere confuso con chi affermava: «Qualcuno mi ha pagato la casa a mia insaputa».   Il Tempo ieri ha pubblicato la lista dei clienti del costruttore Anemone. Abbiamo fatto il nostro dovere. E altrettanto francamente abbiamo scritto che quell'elenco rischia di essere un polverone che fa comodo a chi ha approfittato di favori di regime, a destra e a sinistra. Berlusconi deve dare un calcio alla casta. Ieri ha assestato una pedata. Il nostro mestiere non è quello di dispensare consigli, facciamo i giornalisti raccontiamo fatti ed esprimiamo opinioni, ma in questo caso mi sento di dire che per Berlusconi deve essere solo l'inizio. Sedici anni fa Silvio Berlusconi scese in campo in una situazione terribile: il Paese era devastato dalle inchieste, Mani Pulite aveva falcidiato il sistema politico, il Pci pensava di arrivare al governo attraverso una (falsa) rivoluzione giudiziaria proprio mentre il Muro di Berlino era polvere. Un paradosso stava per realizzarsi. A fare il guastafeste - e salvare l'Italia da un cortocircuito storico - fu Berlusconi. La sua discesa in campo avvenne nel segno del reaganismo, dell'importazione in Italia di un sogno di efficienza, trasparenza, modernità, libera concorrenza e libertà di cui dopo tanti anni il Paese ha ancora bisogno. Il Cavaliere, un outsider, fu l'unico capitano d'industria che ebbe il coraggio di stare in campo in prima persona e non dietro le quinte. Il suo conflitto di interessi Berlusconi lo sottopose subito al giudizio degli elettori. In questo è stato l'uomo politico più «americano» di tutti, perché l'ha fatto emergere, lo ha messo a nudo e fatto votare dal corpo elettorale. La maggioranza degli italiani l'ha scelto pensando - giustamente - che i problemi dell'Italia siano altri. Sedici anni dopo, il consenso personale del premier resta altissimo, ma un pezzo della classe dirigente del centrodestra non è più spendibile politicamente. Fedele Confalonieri ieri sul Corriere della Sera ha riassunto bene questo punto: «Il conflitto d'interessi c'è. Se prendi Silvio prendi tutto». Ma l'elettore sa anche che «Silvio non ha bisogno di fare soldi con la politica: ne ha già tanti...». Ecco, Berlusconi agli occhi degli italiani non può cadere in tentazione perché ha costruito la sua fortuna facendo l'imprenditore, il mito del self made man che non ha trascorso la sua vita a collezionare poltrone e accumulare indennità pubbliche. Questo scarto genetico dell'uomo sul politico, spiega perché il suo carisma - nonostante le campagne durissime e le bischerate combinate da chi nel Pdl alberga non avendo altro mestiere da fare - è ancora intatto. L'affaire Anemone però è da tagliare subito. Lo scenario in cui si dispiega potrebbe favorire gli avventurieri di ogni risma e alimentare il sogno mai sopito di una parte dell'establishment irresponsabile: liberarsi del Cavaliere. Gli ingredienti per alimentare la voglia di rovesciare il governo (e non andare al voto) ci sono tutti: la moneta unica è sotto attacco speculativo, il debito pubblico nel Vecchio Continente traballa, l'Italia grazie a Berlusconi e Tremonti è uscita bene dalla crisi ma è chiamata - come tutti gli altri Paesi - a stringere la cinghia. Il cittadino è pronto a fare sacrifici solo se la classe dirigente dà per prima il buon esempio, non di fronte ad amministratori che prendono case a sbafo, dedicano dibattiti parlamentari alle multe che non vogliono pagare, girano in auto blu infrangendo il codice della strada e votano un bilancio della Camera e del Senato da nababbi rispetto a quello di altre istituzioni occidentali. Negli enti locali le cose non vanno meglio. Le Regioni sono centri di spesa mostruosi. E la Lega - che ieri con il ministro Calderoli ha lanciato l'idea di un taglio delle indennità parlamentari - non faccia furbate: sia coerente e sposi la battaglia per l'abolizione delle Province. Non si può far finta di essere partito di lotta e poi godere del governo di istituzioni che bruciano denaro pubblico. Il cittadino si chiede: cosa farà Berlusconi? Non abbiamo la palla di cristallo. Ma di fronte a un quadro economico difficile, a riforme non rinviabili e allo stillicidio giudiziario, un allargamento della maggioranza sarebbe cosa buona e giusta. L'Udc ha rotto con la sinistra di Bersani, prigioniera dei suoi fantasmi e di Di Pietro, nel Pd i centristi sono in caduta libera e Rutelli non è certo assimilabile a questa opposizione barricadera e senza progetto di governo. Il Cavaliere deve saltare l'ostacolo, dribblare Fini e lasciarsi alle spalle chi nel partito ha tradito la sua fiducia. É giunta l'ora di andare oltre questo Pdl.  

Dai blog