Ma Gianfranco si consola con Veltroni
A vederli insieme, nella sala della Lupa di Montecitorio, sembrano proprio i due gemelli della leggenda romana. I Romolo e Remo della politica italiana. Legati dallo stesso destino, tragicamente divisi ad un certo punto della loro vita. Gianfranco Fini e Walter Veltroni parlano fitto alla presentazione del libro Fare pace. La Comunità di Sant’Egidio negli scenari internazionale. E ridono, quasi fossero due vecchi amici. Poi, quando tutti se ne vanno, ecco che sul tavolo resta un bigliettino. Uno di quelli che obbligano i diretti interessati, imbarazzati, a fornire spiegazioni. L'autore è il presidente della Camera. Due frasi secche: «Fare pace? Fare finta!». Veltroni si affretta a far sapere attraverso i suoi collaboratori che il messaggio non era rivolto a lui. Fini affida al suo portavoce il compito di spiegare che «con buona pace di tutti i dietrologi, il quesito "Fare pace? Fare finta!" si richiamava ad un riferimento storico illustrato da Giuliano Amato, che in quel momento stava intervenendo, sul ruolo della comunità di Sant'Egidio nel difficile conflitto tra Serbia e Kosovo». Ma i dubbi restano. Anche perché il bigliettino, per una strana congiunzione astrale, viene scritto nel giorno in cui il presidente della Camera respinge, con non troppa cortesia, l'ambasciatore di pace inviato dal Cavaliere. Così è praticamente impossibile non fare dietrologia. E poi c'è che il messaggio, sempre una strana congiunzione astrale, spunta nel giorno in cui Gianfranco e Walter siedono, vicini vicini, allo stesso tavolo. Proprio loro due, «i gemelli». Uguali in tutto, anche nelle simpatie. Ieri, ad esempio, Fini ha incontrato Ingrid Betancourt, la candidata alle elezioni presidenziali della Colombia che è rimasta 6 anni nella mani delle Farc (le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e che trovò proprio in Veltroni un paladino della sua liberazione. Al punto che quando venne a Roma per la prima volta, oltre ad incontrare il Papa, cenò con l'allora leader del Pd. Inutile poi parlare di Roberto Saviano. Il presidente della Camera lo ha incontrato martedì nel pieno della polemica per i commenti fatti da Emilio Fede sull'autore di Gomorra. L'ex sindaco di Roma è da sempre un fan dello scrittore. Al punto che nel 2008 si parlò di un'offerta di candidatura nelle file democratiche. La cosa non si concretizzò e così Walter, a dicembre dello stesso anno, annunciò che Saviano avrebbe partecipato alla scuola di legalità del Pd. Ma lo scrittore precisò subito: «Sarò lieto di tenere una lezione alla scuola di formazione nel Mezzogiorno a condizione che il Pd si impegni a portare avanti un doveroso percorso di azzeramento della classe dirigente (meridionale e non solo) collusa e compromessa». Poco male. Gli eroi restano sempre eroi. Ad unire Walter e Gianfranco c'è poi il destino politico. Entrambi hanno chiuso i conti con il loro passato (uno non è mai stato comunista, l'altro fascista) e entrambi sognano di poter sedere un giorno a Palazzo Chigi. Purtroppo nessuno dei due ci riuscirà con il consenso del proprio partito. Il Pdl, infatti, resta saldamente berlusconiano. Mentre il Pd sta addirittura cercando di modificare lo statuto per impedire a Walter di presentarsi e vincere le primarie per il candidato premier nel 2013. Così i «due gemelli» della politica italiana sbracciano e cercano in tutti i modi di costruirsi un consenso popolare talmente forte che costringa i rispettivi partiti a invocarli come salvatori della patria. Per riuscirci usano le loro fondazioni (Farefuturo e Democratica) che, guarda caso, hanno già in programma un convegno sulla legalità a fine ottobre. Così, passo dopo passo, i due sperano di potersi sfidare alle Politiche del 2013. E allora, solo allora, Romolo «ucciderà» Remo.