Spunta un altro appartamento pagato con assegni "irregolari"
È stato individuato un altro degli acquirenti degli appartamenti comprati con gli assegni versati dall'architetto Angelo Zampolini, ritenuto dagli inquirenti perugini titolari dell'inchiesta sugli appalti, il riciclatore dei fondi «neri» di Diego Anemone: si tratta di Alberto Donati, 52 anni, originario di Montevarchi (Arezzo) e residente a Spoleto, che, secondo chi indaga, sarebbe un prestanome su cui la Finanza sta facendo accertamenti. Nell'atto redatto dal solito notaio Gianluca Napoleone - lo stesso che ha predisposto gli atti di compravendita dell'appartamento di Claudio Scajola, delle due abitazioni del generale della Finanza Francesco Pittorru e del figlio di Angelo Balducci, Lorenzo - si scopre infatti che il 7 luglio 2004 (il giorno dopo il rogito firmato dall'ex ministro Scajola) Maurizio De Carolis e Daniela Alberti vendono a Donati un appartamento a Roma, in via Emanuele Gianturco 5, al prezzo totale di 390 mila euro. Di questi, è scritto nell'atto, 150 mila furono consegnati dall'acquirente in precedenza, mentre altri 240 mila «verranno versati entro e non oltre il 30 di luglio». Gli inquirenti sono però convinti che il prezzo reale dell'appartamento sia diverso visto che proprio il 7 luglio l'architetto Zampolini si presenta nella solita filiale 582 della Deutsche Bank di Roma con 520 mila euro in contanti, chiedendo l'emissione di 52 assegni circolari, tutti da 10 mila euro, intestati a Maurizio De Carolis. L'appartamento acquistato da Alberto Donati si trova al secondo piano dello stabile ed è composto - secondo l'atto - da 5 camere e accessori, oltre a una cantina. La presunta cricca degli appalti per i «grandi eventi» aveva, comunque, un unico disegno criminoso e per questo i vari tronconi d'inchiesta scaturiti dal fascicolo principale devono essere trattati da una sola procura. Quella di Perugia secondo i pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi, che ieri hanno rivendicato la propria competenza davanti al Tribunale del Riesame del capoluogo umbro, chiamato a decidere in merito al loro ricorso contro la pronuncia del gip che ha negato le misure cautelari per Stefano Gazzani e per Claudio Rinaldi, ritenendosi incompetente. I giudici si sono riservati. L'udienza di ieri è stata strettamente tecnica. La vera novità è stata la decisione dei pm di rinunciare al ricorso per l'architetto Angelo Zampolini. Secondo i magistrati sono infatti venute meno le esigenze cautelari nei suoi confronti. Il professionista che a lungo ha lavorato per Diego Anemone, il costruttore considerato una delle figure centrali dell'inchiesta, ha infatti cominciato a collaborare con gli inquirenti. In particolare, per ricostruire i flussi di denaro che gli investigatori ritengono legati all'imprenditore. Ed è probabile che Zampolini venga nuovamente sentito nei prossimi giorni dai pm. Secondo gli stessi magistrati sono inoltre in parte sfumate, ma comunque ancora sussistenti, le esigenze cautelari nei confronti di Gazzani, il commercialista che aveva operato per il costruttore e altri soggetti coinvolti nell'indagine, e di Rinaldi, ex commissario per i Mondiali di Nuoto Roma 2009. I magistrati hanno invece contestato con decisione le conclusioni del gip Massimo Ricciarelli che non ha ravvisato la competenza. Secondo i pm, infatti, le condotte contestate a Gazzani, Rinaldi e Zampolini vanno considerate come strumentali a mantenere il presunto programma criminoso della cricca. Riguardo al denaro che - secondo l'accusa - venne versato a Rinaldi su un conto a San Marino a fronte di questa operazione, l'avvocato Titta Madia ha sottolineato che «è stato documentalmente dimostrato dalla difesa come ciò non sia vero».