Nel Pd è partita la caccia a Bersani

Un deputato di Area democratica, la minoranza del Pd guidata da Dario Franceschini, lo spiega con una battuta: «Quando un intervento politico inizia con le parole "Nessuno vuole mettere in discussione il ruolo di Bersani, però...", significa che si sta mettendo in discussione il segretario». Ebbene il seminario organizzato a Cortona dai franceschiniani si è appena concluso e la gran parte di chi ha parlato, qualcuno assicura tutti quelli che sono saliti sul palco, ha iniziato il suo discorso con quelle parole. Non un bel segnale per il leader democratico. Anche perché significa che, dopo appena sei mesi, il Pd è pronto a fagocitare il suo segretario. L'ennesimo. I segnali ci sono tutti. Anzitutto il malessere degli ex Ppi. A Cortona Giuseppe Fioroni lo ha spiegato nel modo più duro possibile: «Se il Partito democratico non cambia è finito. Abbiamo rinunciato ad avere coragio, la dirigenza del Pd ha rinunciato ad avere coraggio e anziché mettersi le ali si rifugia nella memoria o nella scopiazzatura».   Dario Franceschini non è stato da meno: «Nessuno qui ha parlato di scissione, noi abbiamo fondato e voluto il Pd e qui a Cortona lo stiamo difendendo, ma questo non vuol dire non affrontare il disagio. Ci sono persone che dicono che qui non si sentono a casa loro, che fanno fatica a riconoscersi». A scatenare la rabbia della componente popolare sono soprattutto due elementi. Anzitutto la progressiva perdita di consensi all'interno della fasce sociali più moderate. Dentro la Cisl, ad esempio, sono sempre di più quelli che stanno prendendo le distanze dai Democratici. E non a casa, nel suo discorso, Fioroni ha posto l'accento sul fatto che il Pd abbia partecipato in massa al congresso della Cgil. Il secondo elemento è lo strapotere di Enrico Letta (vicesegretario) e Rosy Bindi (presidente) che, pur provenendo dalla Margherita, non rappresentano l'area ex Ppi. Da qui la richiesta di un riconoscimento formale avanzata da Franco Marini che potrebbe passare attraverso la concessione di un ruolo pesante all'interno dell'organigramma del partito. Ma non è questo l'unico motivo di apprensione per Bersani. A Cortona non si è riunita solo Area Democratica.   Al seminario ha infatti partecipato, con diversi interventi, anche la «corrente» del Pd guidata da Ignazio Marino. Segno che le minoranze democratiche che fino ad oggi sembravano viaggiare in ordine sparso (anche all'interno di Ad le voci erano variegate) si stanno saldando. In fondo il tuo nemico è il mio nemico. E se uno ha contro la metà del partito (alle primarie Dario e Ignazio ottennero, insieme, il 47% dei voti) ha poco da stare tranquillo. Poi c'è il ritrovato protagonismo di Walter Veltroni che, pur non comandando nei fatti la minoranza, è comunque un inquilino scomodo da gestire. Anche se forse l'elemento più preoccupante per Bersani sono le fratture interne alla maggioranza che lo ha sostenuto. In particolare quella con Massimo D'Alema. Il segretario imputa a Baffino e alla sua strategia di allearsi con l'Udc la colpa della sconfitta alle Regionali. Allo stesso modo i dalemiani considerano Pier Luigi troppo pavido e accondiscendente verso la minoranza interna al Pd. Il 21 e 22 maggio si terrà l'Assemblea nazionale del partito. Se il buongiorno si vede dal mattino, la caccia a Bersani è appena iniziata.