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Guido si leva i macigni dalle scarpe

Guido Bertolaso

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Guido Bertolaso è stato bravo e, con calma, senza gridare ai complotti, ma senza neanche rinunciare a dire che in un Paese civile questa storia sarebbe già finita, ha illustrato la sua versione dei fatti. In pratica: tutto può sempre essere fatto meglio, ma la protezione civile non ha nulla da rimproverarsi. Ha messo nero su bianco i numeri e argomentato che le spese fatte erano esattamente quelle previste, che è vero che alla Maddalena i lavori sono costati parecchio, ma è anche vero che si doveva finirli in fretta, visto che la data dell'incontro internazionale non era spostabile. Dopo di che, si è tolto un paio di macigni dalla scarpa. Il primo è relativo agli imprenditori con cui ha avuto a che fare, in particolare quelli che la notte del terremoto aquilano ridevano al telefono. Il suo commento è stato lapidario: “ride bene chi ride ultimo”. Il secondo riguarda la vicenda di Claudio Scajola, che ha liquidato con un non celato disprezzo, ricordando, però, che con gli appalti della protezione civile non c'entra un bel niente. Non si è sottratto alle curiosità sulle sue questioni personali, rispondendo sia della massaggiatrice, ribadendo che non si è trattato altro che di massaggi, senza che siano comparsi né champagne né altro, sia agli incarichi professionali di sua moglie presso quel centro sportivo: si tratta di un architetto e i lavori che ha svolto erano precedenti. Tutto risolto e chiarito, quindi? No. Ripeto: Bertolaso è stato bravo, ma l'assurdo è che le carte giudiziarie arrivano ai giornali, l'accusato è pubblicamente chiamato a risponderne, questi riesce ad essere convincente, salvo il fatto che tutto si svolge nella sede sbagliata. La partita deve chiudersi là dove fu aperta, prima in procura e poi, eventualmente, in tribunale. Il processo pubblico, con i giornalisti nella veste degli accusatori, non solo è profondamente incivile, ma è anche fallace, perché si conoscono solo le carte che la procura volle far conoscere. Si orecchia e sbircia, ma con i sensi altrui. Qui ha certamente ragione Bertolaso, perché in un sistema accettabile nessuno può essere tenuto così a lungo sulla graticola. Non un cittadino, ma meno ancora chi ha responsabilità istituzionali. La magistratura ha il dovere d'indagare, ma da quando deposita delle carte deve anche accelerare il momento del giudizio. Altrimenti tutto si corrompe, a partire dalla giustizia. I toni usati da Bertolaso sono stati rispettosi e pacati. Egli, però, è anche parte di un governo, ha responsabilità politiche, non è solo un funzionario. Pertanto, forte della sua esperienza, dovrebbe spingere l'esecutivo a lavorare, finalmente, in maniera determinata ed univoca per una riforma della giustizia. Non indirizzata a difendere questo o quello, ma a portare un servizio a tutti. Certo, molti reagiranno in modo strepitante ed inconsulto. Le toghe politicizzate grideranno al golpe. Ma lo fanno comunque, quindi meglio non spaventarsi e non rinunciare a fare quello che serve ai cittadini e al Paese.

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