Basta finiani in televisione
«All'esterno deve esserci una sola voce, se ce ne sono due vuol dire che ci sono due partiti». Gaetano Quagliarello, vicepresidente vicario del Pdl in Senato, ha le idee chiare. Sono giorni difficili per il partito. E se a certi attacchi che provengono dall'esterno - opposizione o magistratura poco importa - si è ormai abituati a rispondere, quando qualcosa trema dall'interno tutto diventa più difficile. Le crepe intestine che giornali e talk show si affannano a rappresentare rischiano di diventare pericolose. È bene mettere dei paletti che siano chiari per tutti. Senatore cosa sta succedendo? «Nessuno nega che si sia creata una dissidenza all'interno del Pdl e che lo scontro tra Fini e Berlusconi sia avvenuto. Era assolutamente normale che la stampa ne desse notizia, che le trasmissioni tv di approfondimento politico mettessero in evidenza il fatto invitando esponenti delle due diverse posizioni. Normale per la settimana successiva a quanto accaduto. Non possiamo pensare che da adesso in avanti diventi un'abitudine che due persone elette tra le file dello stesso partito vengano invitate nei salotti del piccolo schermo in quanto portatori di due posizioni diverse». Dove sta l'errore? «Esiste un problema di regolamentazione della politica. I partiti all'interno hanno una loro vita, fatta di posizioni articolate e, a volte, contrastanti. Si creano maggioranze e minoranze, tutte legittime. Si discute, si decide e alla fine la voce all'esterno è - e deve essere - unica. Altrimenti ci sarebbero due partiti». Anche la politica sembra avere la sua parte di responsabilità... «È vero. A mio avviso stiamo assistendo ad una deviazione consistente del modo di fare informazione politica. Le faccio un esempio. Il Pd ha al suo interno una maggioranza e una minoranza, la cosa era già certificata al momento delle primarie. Non per questo, però, ai dibattiti tv viene invitato un rappresentante dell'aria Bersani e uno di quella Franceschini. C'è un esponente del Pd, che prende posizioni con sfumature differenti in base alla corrente di provenienza, ma che nel momento in cui parla rappresenta la voce unica del Pd. Con noi ultimamente questo non avviene e quel che viene fuori è un'immagine falsata del partito. Chi si deve adeguare non siamo noi politici. Noi possiamo e dobbiamo declinare qualche invito, ma devono essere gli editori e i conduttori dei talk show televisivi a tornare a rispettare le regole della comunicazione politica: un esponente per un partito». Che partito è in questo momento il Pdl? «Il Pdl è sempre stato un partito trasparente. Che sin dalla sua nascita ha segnato un rinnovamento della politica proprio per il fatto di esser stato, da subito, chiaro con i suoi membri e i suoi elettori. Adesso l'immagine di noi che viene fuori è condizionata dalla continua diversificazione interna su ogni cosa, si dà l'impressione di un partito diviso all'interno». I finiani la pensano alla stessa maniera? «Anche loro si sono sempre detti contrari ad un partito fatto di correnti tradizionali. Adesso però si stanno comportando come se appartenessero ad una fazione diversa dalla nostra. Ripeto, era normale in un primissimo momento. Quando era importante marcare le differenze dopo la dissidenza e lo scontro tra Fini e Berlusconi. Adesso dobbiamo tornare a fare il nostro lavoro, ad occuparci del Paese». Chi sarà ad approfittare di tutto questo? «Proprio qui sta il paradosso. Fini e gli esponenti del Pdl che mostrano alcune perplessità sul nostro alleato leghista, non fanno altro che favorirlo con questo atteggiamento. Sembra che mentre noi stiamo qui a litigare tra di noi, loro siano gli unici a comportarsi con normale discrezione. Dicono che l'unica cosa che conta per loro è quella di occuparsi del governo del Paese e magari raccolgono i frutti di quanto stiamo facendo noi. Questa è la rappresentazione della realtà che arriva nelle case dei cittadini. Dobbiamo impegnarci tutti per far capire agli italiani come davvero vanno le cose». Pensa che ci sia un nesso tra il fatto che Fini abbia deciso di smarcarsi dal premier e l'inizio dell'assalto giudiziario? «Francamente non arrivo a pensare questo. Penso invece che tutto il Pdl sia consapevole del fatto che dal '94 ci sia stato un accanimento di una piccola parte della magistratura contro il partito e che questo vada contrastato proprio per dare alla stragrande maggioranza dei giudici che fanno seriamente il loro lavoro il rispetto che meritano. La cosa che conta in questo momento è trovare un modus vivendi che ci consenta di non dare all'esterno - attraverso la rappresentazione mediatica - l'idea di un partito diviso. Se non si trova ne perderemo tutti».