Occhio ai Draghi
Ed è giusto chiedersi che cosa accadrebbe se il contagio si estendesse ad altre economie. Ma prima ancora, è logico valutare la sensatezza e la saggezza di simili domande. Atene ha un pil stimato in 240 miliardi di euro ed un debito pubblico inferiore a 300 miliardi. Siamo in ordini di grandezza equivalenti ad un sesto o un quinto di quelli italiani. Per salvare la Grecia sono stati messi sul piatto dai governi europei e dal Fondo monetario ben 110 miliardi di euro, ed il governo di Atene dovrà impegnarsi in misure draconiane, che toccano diritti acquisiti, dai tagli alle pensioni già erogate alla soppressione di tredicesime e quattordicesime. È vero che i greci hanno potuto campare per decenni su un welfare clientelare e insostenibile; ma come dirgli ora che da domani si troveranno redditi e patrimoni decurtati del 20 o 30%? Torniamo al dibattito sul contagio che sembra appassionare esperti, banchieri, autorità monetarie e politiche. La prima indiziata è la Spagna, e il miracolo Zapatero, se mai è esistito, è finito miseramente. Madrid ha un deficit dell'11% del Pil, una disoccupazione che supera il 25%, due milioni di immobili invenduti, un'esposizione con le banche straniere di 900 miliardi di euro, di cui 185 miliardi delle banche tedesche e 170 di quelle francesi. Come raffronto, le prime sono esposte in Grecia per circa 40 miliardi e per 70 le seconde. Insomma, le due entità non sono lontanamente paragonabili. Neppure l'economia ed il debito spagnolo sono paragonabili con quelli greci: pur essendo schizzato in alto il debito spagnolo è ancora largamente inferiore al Pil, che a sua volta è sei volte quello della Grecia. Non si tratta di cifre a caso. Da una parte dovrebbero dire che il rischio fallimento per un paese come la Spagna è ben inferiore rispetto alla Grecia, date le dimensioni e le risorse della sua economia. Dall'altra rivelano però quale potrebbe essere – se mai accadesse – il prezzo di un salvataggio. In termini sia assoluti, sia politici. L'Europa ha discusso per oltre due mesi se e come afferrare l'estintore per spegnere l'incendio di Atene, e non è detto che ci sia ancora riuscita. Un pronto intervento per Madrid non appare immaginabile. Ma allora perché continuare a lanciare allarmi e seminare panico sui mercati? Esistono davvero fondati motivi di un'estensione del rischio greco, si tratta di provocazioni intellettuali, di tattica politica dei paesi forti come la Germania, o che altro? Tra l'altro all'interno delle stesse autorità di vigilanza, economiche e governative, la situazione è paradossale: quelle comunitarie e internazionali, dalla Bce al Fmi, dall'Unione europea all'Ocse, provano a seminare ottimismo; al contrario i governanti che rispondono ai loro elettori, i ministri ed i banchieri centrali fanno l'esatto contrario, lanciando segnali negativi, dai contorni però ambigui e sfumati. A questa situazione non giovano le imminenti elezioni in Germania. Né giova la corsa per la presidenza della Banca centrale europea: nella quale il nostro Mario Draghi ha forse l'esigenza di apparire più tedesco dei tedeschi. Fatto sta che dopo le sue parole di domenica scorsa («Altri paesi sono a rischio»), il differenziale d'interessi tra i nostri Btp ed i titoli di Stato tedeschi è nuovamente volato oltre quota cento, chiudendo ieri a 116. Non si può ovviamente accusare il governatore di autolesionismo. Però un pizzico di prudenza in più, da parte di tutti, non guasterebbe. Così come non farebbe un briciolo di danno se l'Europa si dotasse di strumenti di valutazione più attendibili delle agenzie di rating. Standard & Poor's, Ficht e Moody's - che fino al giorno prima assegnavano alla Lehman Brothers la tripla A, e che fino a ieri attribuivano a Spagna, Irlanda, Portogallo e perfino alla Grecia una pagella migliore dell'Italia, - ora sembrano prese dalla frenesia del declassamento. Se hanno fallito prima, perché continuare a pendere dai loro oracoli? L'Europa che ha stabilito le misure esatte delle banane e ogni quanti mesi vada revisionato un ascensore, ancora continua ad appaltare ai maghi di Wall Street la valutazione di se stessa, di ciò che può mandare a fuoco un Paese o un continente. Complimenti.