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Cinema Italia

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I giornali sono fatti per raccontare verità che nessuno vuol sentirsi dire. E quando non assolvono questo loro dovere diventano inutili. Non si stampano per informare il popolo come aridi bollettini di regime, offrono ai lettori fatti e una visione del mondo. Quello che stiamo attraversando è un periodo difficile, tra i più complicati della nostra storia contemporanea. Il Cinema Italia in questo senso è un palcoscenico tra i più interessanti. Fatti apparentemente slegati - la polemica al calor bianco sul risultato di Lazio-Inter, le province del Lazio ingovernabili, il caso del ministro Claudio Scajola con casa al Colosseo - sono invece uniti da un fil rouge che è il segno del nostro carattere nazionale purtroppo incompiuto. Su questo scenario domina l'incertezza e lo spirito di fazione. Pochi si sforzano di tenere insieme il puzzle e dare una risposta alle spinte centrifughe che si stanno manifestando nei vari settori della società italiana.   Cercherò di condividere con voi, cari lettori, quel che c'è nel mio taccuino di cronista. La recessione esplosa nel 2008 non è finita. Come dice Giulio Tremonti "siamo ancora dentro" una crisi che non è solo economica ma morale. Molti punti di riferimento e miti sono saltati o stanno per saltare. Il mito della crescita continua, per esempio, s'è spezzato di fronte a un'Europa che ha scoperto di essere debole, disunita, un vaso di coccio tra i vasi di ferro. L'Italia ha retto bene questa crisi, ma finora non ha saputo risolvere i suoi problemi storici: la divisione tra guelfi e ghibellini, l'odio applicato alla lotta politica, lo scarso senso di appartenenza a un'unica nazione, i diritti che vengono sempre dopo i doveri, una burocrazia famelica. Silvio Berlusconi ha dovuto fronteggiare tutto questo. L'ha fatto con lo spirito di un imprenditore e subito s'è scontrato con questa realtà che fin dal primo istante ha cercato di espellerlo dal sistema in tutte le maniere.   Il Cavaliere non s'è mai dato per vinto e ha risposto agli assalti usando l'arma migliore: il voto. Tutto questo s'è tradotto in una politica che - piaccia o meno - probabilmente ci ha salvato dalla deriva verso un destino simile a quello che sta vivendo la Grecia. Non siamo fuori pericolo e le parole del governatore della Banca d'Italia Mario Draghi sono lì a testimoniarlo. La situazione è delicata e ci sono episodi che in questo contesto devono essere affrontati con un'altra marcia. Berlusconi è un presidente del Consiglio generoso con i suoi collaboratori, paziente fino all'inverosimile. Quando un suo ministro è in difficoltà, lo sostiene, lo sprona ad andare avanti e continuare nel suo lavoro. Ammirevole, ma qualche volta lo statista deve prendere decisioni dure. Ho sempre pensato che le alte cariche debbano avere una tutela in più sotto il profilo costituzionale, uno scudo che le preservi dagli attacchi esterni, dai tentativi di manipolazione. Vale per il presidente della Repubblica, deve valere per il presidente del Consiglio. E basta. I ministri rispetto a queste cariche a mio avviso sono sotto ordinati e se la loro permanenza in carica crea disagi all'operato di Palazzo Chigi, è meglio che si difendano liberando l'esecutivo dalla preoccupazione di dover rispondere tutti i giorni a un attacco.   Un «civil servant» deve guardare a un interesse superiore. È una visione delle cose che non sarà condivisa dal Palazzo, ma tra i cittadini e gli elettori del Pdl il sentimento prevalente è questo. Lo scrivo a futura memoria. Lo spirito di fazione a un certo punto deve lasciare spazio ad altri valori che sono poi il corpo comune di un popolo. Quel che è accaduto l'altro ieri allo stadio Olimpico a Roma nella partita Lazio-Inter è la metafora di quel che spesso accade nel Paese. Vedere gioire uno stadio per la sconfitta della propria squadra è una scena surreale. E scrivere che il presidente della Lazio ha ricevuto un proiettile come cadeau fa rabbrividire. Questa però è la realtà delle cose, un tanto peggio tanto meglio che spesso fa parte del carattere italiano. Non mi piace. Non è un buon esempio per le generazioni future. E Dio solo sa quanto l'Italia abbia invece bisogno di storie esemplari per rilanciarsi e confrontarsi con le sfide della contemporaneità. Buoni esempi che purtroppo non vengono neppure dalla cosiddetta politica locale, quella che in teoria dovrebbe volare un po' meno alto ma essere più vicina alla gente. Il Pdl subito dopo la vittoria elettorale delle regionali ha perso la bussola e - ancora una volta - un irragionevole spirito di fazione ha preso il sopravvento. A Latina è caduta la giunta comunale, in provincia è scoppiata un'arruffata guerra di secessione dalla Capitale e ieri per soprammercato a Viterbo il neo eletto presidente della Provincia s'è dimesso senza neppure aver messo in piedi una giunta. Per quanto tempo ancora dovremmo registrare questa catena di autoflagellamenti sovrastati da una folle risata? Una classe dirigente e un Paese mostrano il loro volto nelle piccole e grandi cose: una partita di calcio da vietare ai minori, uno spinoso caso politico che coinvolge un ministro della Repubblica, un rapporto corroso tra la politica e il territorio. È l'Italia e non il nuovo cinema paradiso.

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