«I migliori contratti Rai vanno a Berlusconi»
Losa bene Italo Bocchino che, finito nel mirino del Giornale per il contratto di produzione assegnato dalla Rai a sua moglie, replica alle accuse. E tira in ballo il premier. «I contratti più importanti della Rai - dice intervistato da SkyTg24 - vanno a Silvio Berlusconi e ai suoi figli, proprietari della Endemol. Ma non lo trovo scandaloso. Quello che troverei scandaloso sarebbero scelte al di fuori della normativa vigente. Se vogliamo fare un codice etico per cui con la Rai non possono avere nulla a che fare i parenti fino al sesto grado di chi siede in Parlamento, io sarei d'accordissimo». Quanto alla moglie Gabriella Buontempo, Bocchino ricorda che quando l'ha conosciuta già lavorava con la Rai e che nell'articolo del Giornale «non c'è nessuna accusa, si dice che fa la produttrice, lo fa bene e a prezzi di mercato». In ogni caso, per Bocchino quella di Vittorio Feltri, «è solo spazzatura, sono non notizie che servono a bastonare chi dissente nel Pdl». Immediata la replica del presidente di Endemol Italia Paolo Bassetti: «Endemol è stata sempre indipendente dalla politica nei rapporti con i broadcaster. Lo dimostra il fatto che in Rai abbiamo lavorato molto di più con il governo di centrosinistra che con l'attuale». Ma l'ex vicecapogruppo finiano del Pdl non parla solo di vicende personali. E spazia dal caso Scajola («gli esprimo solidarietà umana e mi auguro che riesca a chiarire quanto prima questa vicenda») al ddl anticorruzione («mettiamolo subito all'ordine del giorno e, con un voto bipartisan, approviamolo il prima possibile») fino alle dimissioni: «Il ruolo di un grande partito è quello di un esercizio serio della democrazia interna che non può portare alla marginalizzazione di un dirigente politico al quale non vengono addebitati errori nella conduzione del gruppo parlamentare, ma vengono addebitati giudizi non soddisfacenti verso il leader del partito». Poi un pensiero alle riforme. «Noi - spiega - dobbiamo affrontare le riforme economiche e sociali e non dobbiamo fermarci a dire al Paese che vogliamo fare la riforma della Costituzione e della giustizia».