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Berlusconi: Fini ha tradito il partito Adesso dica che cosa intende fare

Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

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Quando la sera prima gli hanno comunicato che Italo Bocchino avrebbe reso le sue dimissioni da vice capogruppo vicario irreversibili il commento è stato: meglio così ha evitato di sottoporsi a un massacro. Insomma, raccontano che il premier era tutto sommato soddisfatto di poter archiviare la pratica senza che si consumasse l'ennesimo psicodramma mediatico dentro il Pdl. Sperava si raffredassero gli ardori, così non è stato. E si capisce perché, quando ieri ha letto le dichiarazioni dello stesso Bocchino che lo accusava di epurazione ne abbia dette di ogni. «Ma di cosa parla? Semmai è lui che non rappresenta nessuno. Se si votava, molti finiani nemmeno lo avrebbero seguito». D'altra parte, già l'altra sera, ospitando a cena un gruppo di senatori, il premier aveva avuto modo di sfogarsi contro l'ormai ex vicario di Cicchitto, definendolo un guappo arrogante, «strafottente» e «insolente» su cui non valeva nemmeno la pena di stare a dedicare tempo che invece dovrebbe servire per governare. Ai parlamentari il Cavaliere avrebbe fornito anche la sua versione della telefonata in cui diceva a Bocchino di non andare a Ballarò. Il premier avrebbe spiegato di avergli fatto notare che lui non poteva presentarsi in tv con il ruolo di vice capogruppo vicario ed esporre tesi e convinzioni che non rispecchiavano il partito. Insomma di evitare di dare vita a scene come quella del battibecco con Maurizio Lupi negli studi di Paragone, incassando dal finiano un «non mi devi dire cosa devo fare». Una versione molto diversa da quella raccontata ieri davanti alle telecamere di tutti i tg dall'ex vicario, secondo cui il premier gli avrebbe detto «farai i conti con me». Ma se il casus Bocchino è considerato da Berlusconi soprattutto una fastidiosa pratica che non vedeva l'ora di chiudere, è soprattutto sulla "strategia" di Gianfranco Fini che continua a interrogarsi. Alla cena con i senatori il premier ha detto di essersi sentito "tradito" dal presidente della Camera, infastidito dalla moltiplicazione della sua presenza in tv. «Speriamo sia leale almeno con gli elettori» avrebbe detto. La domanda a questo punto è: qual è l'obiettivo ultimo di Fini? Berlusconi confessa di non capirlo. Perciò dice che la lealtà si misurerà sui fatti, cioè nelle votazioni. Ma dopotutto potrebbe non venire di lì la sorpresa. La minoranza vuole soprattutto un riconoscimento politico (che il Cavaliere non può concedere) e perciò teme che prima o poi il premier possa trovare «un pretesto per sfasciare tutto». Nel frattempo Berlusconi è convinto che bisogna guardare oltre le dichiarazioni di "fedeltà" al governo della terza carica dello Stato. Ai parlamentari che erano a cena con lui, il Cavaliere avrebbe espresso la convinzione che Fini punti ancora a fare quei gruppi autonomi di cui gli avrebbe parlato durante l'ultimo burrascoso pranzo, presente Gianni Letta. Se si è rimangiato quell'intenzione - avrebbe argomentato Berlusconi - è soltanto perchè si è accorto che non lo seguivano. Insomma, il presidente del Consiglio pensa che Fini stia cercando di prendere tempo ma che il suo obiettivo sia tornare "in proprio", magari incrociando nel suo percorso Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli. Ma al tempo stesso, la convinzione di Berlusconi è che col passare delle settimana a perderci sarà lo stesso Fini: resterà isolato, e perderà altri pezzi dei pochi che già ha. Intanto ieri, dopo aver incontrato in mattinata il ministro Carfagna (salgono le sue quotazioni a candidato sindaco di Napoli), nel pomeriggio a Palazzo Grazioli il Cavaliere ha visto il ministro Scajola. Il titolare dello Sviluppo Economico, a seguito delle accuse riguardanti il G8, è arrivato dal premier con l'idea di fare un passo indietro. Arrabbiato per la violazione del segreto istruttorio, ma soprattutto per l'assurdità delle accuse. Il premier gli ha rinnovato subito la fiducia: «Vai avanti Claudio, finirà tutto come una bolla di sapone. Così come per Bertolaso...». A Scajola sono arrivati subito gli attestati di stima di tutto il partito. E quindi nessuna presa di ditanza, nessun passo indietro. Ma resta, nel ragionamento svolto da Scajola con alcuni deputati a lui vicini, il retropensiero che dietro le accuse riguardanti il G8 ci sia un complotto ordito «per destabilizzare il governo». L'ennesimo per colpire gli uomini più vicini al presidente del Consiglio.

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