Alle province solo rifiuti e campi rom
Parte la secessione di Fossanova
Roma «in simbiosi» con le province. Come slogan va bene, ma nella realtà la sinergia fino a oggi è servita per lo più a trasferire rifiuti, di ogni tipo. Da quelli riguardanti le discariche, passando al nucleare, per finire a quelli, in senso lato, dei campi nomadi e delle residenze popolari per i «non desiderati». Almeno questo è quello che si avverte fuori le mura capitoline. Il malessere delle province nei confronti della Capitale è antico, e si basa - al di là dei ragionamenti politici e amministrativi che pure hanno un peso specifico - sulla situazione sopra descritta, vissuta «a pelle» dai referenti istituzionali ai vari livelli e trasmessa, stavolta sì per osmosi, alla gente. D'altronde chi vorrebbe avere per vicino di casa uno che usa gli appartamenti dei coinquilini solo per riempirli di scorie? Il sindaco di Roma Alemanno ha bollato come «vecchia polemica» quella di una Regione delle province. Il Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, entra in rotta di collisione con il primo cittadino dell'Urbe: «Non si è capito che ciò che stiamo portando avanti non è una sterile rivendicazione per la composizione della giunta regionale - spiega Cusani - né una estemporanea sortita di approssimativo valore politico/amministrativo; nella stagione del federalismo fiscale riteniamo invece giusto e sacrosanto che le risorse raccolte sui nostri territori siano redistribuite sugli stessi, e non finiscano in un contenitore comune dove Roma attinge a piene mani lasciando poco o niente al resto delle province laziali. No, non è una questione di simbiosi, al contrario: è una questione di sopravvivenza». La riunione del prossimo 17 maggio all'abbazia di Fossanova, che vedrà insieme i consigli provinciali di Latina e Frosinone, non è però figlia solo del secessionismo che avanza: «Da tempo stiamo lavorando a un protocololo d'intesa - spiega Cusani - per fare sinergia tra gli enti liocali. Territori contigui, tessuti sociali omogenei ed esigenze simili sono le basi su cui lavorare nel campo della formazione e del lavoro, tanto per fare un esempio». Un progetto che parte da lontano, dunque. «Lo spirito che anima la nostra proposta - prosegue Cusani – è la consapevolezza che principi come quelli costituzionalmente garantiti siano venuti meno o comunque si siano gravemente affievoliti sotto la spinta di interessi, pure validi e legittimi, che non possono più essere condivisi da comunità diverse e lontane per spirito, potenzialità, risorse e aspettative». Il progetto, secondo l'impostazione proveniente dai territori, aprirà la strada ad un'autoriforma in grado di stimolare un processo che porterà a rivalutare il ruolo delle province laziali superando la gerarchia regionocentrica. Ma quanto costerà alla collettività? Nulla, secondo Cusani. A spiegarlo è ancora il presidente della provincia di Latina: «Roma, con il suo consiglio, avrà poteri legislativi, assurgendo al ruolo di ventunesima regione, ma senza i costi di nuovi "palazzi" e nuove "poltrone". Le altre province rappresenteranno la Regione così come è ora, con la differenza che potranno reinvestire nei territori tutte le risorse a essi destinate, facendo riferimento ai parametri di produzione di ricchezza che ognuna provincia realizza e prevedendo anche una parte di mutua assistenza. Nessun costo aggiuntivo, dunque». Un progetto che non ha intenzione di essere accantonato: «O entro l'estate il Parlamento darà un segnale, oppure faremo ricorso al referendum regionale».