La Pontida del Lazio
Pacatamente, serenamente, diceva Uòlter, ognuno per la sua strada. Ne abbiamo viste tante, ma la Pontida del Lazio ci mancava. Ai lettori de Il Tempo, di qua e di là del raccordo anulare il tema appare in tutta la sua portata storica: scegliere di stare nella riedizione dello Stato Pontificio oppure optare per il vessillo delle Province? Certo, Roma è Roma e fa ombra al resto della Regione, ma la secessione ha il suo fascino, rapisce il cuore dei rivoluzionari con la bombarda, anima i sogni carbonari, chiama a raccolta i romantici, gli amanti delle cause perse. Davide contro Golia, Ben Hur, tutta la filmografia epica di quella che i critici chiamarono "mitologia burina" riappare nel suo splendore. Mancano solo i quattro nani contro la strega cattiva e lo spettacolo è da Oscar. Ma vi pare possibile? La Grecia rischia il fallimento, l’Europa è alle corde, l’Italia si difende dagli speculatori, la marea nera invade le coste della Louisiana, Obama manda l’esercito a salvare i gabbiani e le balene e il petrolio degli americani. E noi? Supercinema in tre dimensioni. Fini dice a Berlusconi ora basta e apre una crisi dopo la vittoria, il Pdl del Lazio non è da meno e si scanna con insana allegria. Non vi cito i nomi degli arruffapopoli e francamente non li ricordo. È gente che se vede un leghista tra Frosinone e Rieti, tira fuori la doppietta, ma al momento opportuno che ti fa? Ecco Fossanova trasformarsi in Pontida, manca il Po e chissenefrega, tanto c’è il Tevere per il rito dell’ampolla e il giuramento contro Roma ladrona. Che colore sceglieranno? Il verde è già occupato, il rosso fa comunista, il blu è del Cavaliere, il nero fa fascista, il bianco è del Papa, il rosa è ambiguo. Boh! Abbiamo una sola certezza: l’Italia è sempre quella descritta dal grande Ennio Flaiano. Signori, la situazione è grave ma non seria.