La rivolta dei leghisti de noantri Secessione del Lazio dalla Capitale
Ma quale Lega Nord, la secessione (da Roma) la faranno le altre province del Lazio. È già tutto pronto. Il 17 maggio all'Abbazia di Fossanova, nella provincia pontina, i Consigli comunali di Frosinone e Latina firmeranno una delibera congiunta per richiedere uno specifico referendum. L'obiettivo è creare una nuova Regione senza la Capitale che, da parte sua, dovrebbe ottenere dal Parlamento più poteri, fondi e autonomia. I leader locali non hanno dubbi: è la strada da seguire. Le nomine in Giunta della presidente del Lazio Polverini hanno acceso ancora di più gli animi degli amministratori locali. «Chiediamo una Regione Lazio composta da Frosinone, Latina, Viterbo, Rieti e da una parte della provincia di Roma - spiega il presidente della Provincia di Frosinone Antonello Iannarilli (Pdl) - Con il federalismo fiscale potremmo spendere i nostri soldi come vogliamo. Non siamo secessionisti ma ci arriveremo». D'accordo il sindaco di Viterbo (anche lui Pdl) Giulio Marini: «Il Lazio, così com'è, non è più attuale. O ci stacchiamo da Roma o diventiamo una Regione a statuto speciale, nella quale i poteri della Capitale siano estesi a tutto il territorio». Secondo Marini, con i poteri che stanno per esserle conferiti «la Capitale potrà promuovere uno sviluppo con il turbo, mentre le province, come del resto sta già avvenendo, saranno sempre più relegate ai margini». L'unica alternativa potrebbe essere quella di trasformare il Lazio nella sesta Regione italiana a statuto speciale o autonoma. «Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Sicilia - spiega Marini - hanno poteri speciali che non riguardano solo i rispettivi capoluoghi ma gli interi territori regionali. A maggior ragione dovrebbe essere così nel Lazio, dove il peso della Capitale d'Italia sarà sempre maggiore». Netto anche il sindaco di Rieti, Giuseppe Emili: «Ho cominciato a parlarne nel 1972, quando militavo nel Msi. Roma non può stare con le altre province perché finisce per essere soltanto una palla al piede. Una situazione insostenibile, soprattutto per Rieti». Emili insiste: «La situazione attuale è un handicap perché Roma si prende sempre tutto». Un vero e proprio inno alla secessione, che loro chiamano semplicemente autonomia, reso ancora più stringente dalla Giunta formata dalla Polverini alla Regione che, secondo i dissidenti, ha piuttosto maltrattato i territori che invece hanno permesso alla ex segretaria dell'Ugl di diventare presidente del Lazio. Tra poche settimane le quattro Province metteranno in piedi anche un movimento d'opinione e un comitato tecnico. Frena il vicesindaco di Roma, Mauro Cutrufo: «Dal 1970 Roma avrebbe dovuto essere la ventunesima regione, l'errore nasce allora. Capisco il mal di pancia delle province, ma tutti in Italia dovrebbero rendersi conto che Roma ha uno Stato che non la sostiene come un unicum, quale è. Allora si faccia un percorso politico-amministrativo con Polverini perché è vero che è necessario cercare un equilibrio che non penalizzi le province, ma nemmeno Roma. Far diventare Roma Regione poi è una modifica costituzionale. Non se ne occuperebbe la Regione ma il Parlamento». Ovviamente anche Cutrufo tira l'acqua al suo mulino. Sta preparando un libro dove ricorderà che Roma «è la più grande area che esiste in Europa, 12 volte più grande di Parigi, più di Berlino e Madrid messe insieme. Tutte le capitali hanno una legislazione speciale. Noi stiamo ancora aspettando i decreti attuativi per Roma Capitale. Tutte le capitali stanno sulle spalle del loro Stato, Roma dallo Stato non ha un chiaro sostegno se non saltuario». Insomma, anche per Cutrufo «è necessario riconoscere l'autonomia romana e pensare che il Lazio può essere una regione che vive di vita propria. Ma questo tra cinque anni perché la Regione è stata eletta in questo modo e adesso. Che si studi - propone - per riequilibrare i territori e dare loro più autonomia. Alle Province voglio dire - conclude Cutrufo - che il problema non è Roma ma lo Stato».