E D'Alema corteggia ancora Gianfranco
Ormai è chiaro. Massimo D'Alema non ha nessuna intenzione di retrocedere. Per lui Gianfranco Fini deve essere un interlocutore del Pd. E quindi occorre corteggiarlo. Peccato che, lungo questa operazione, il lìder Maximo non raccolga molti consensi. L'ex ministro degli Esteri usa le pagine del Corriere della Sera per ripetere quanto detto qualche settimana fa a Valmontone: «Fini è interlocutore importante di un centrosinistra che capisce che il Paese non si può più governare in questo modo. Con un bipolarismo alla Berlusconi fondato sulla contrapposizione esasperata». E se a Valmontone era stato Dario Franceschini ad attaccarlo per le sue dichiarazioni, stavolta è Beppe Fioroni a criticalo: «Prima attendiamo il Messia, un Papa nero, che ci fa vincere le elezioni. Se no, speriamo almeno in un vescovo nero con cui allearci. È la teoria della canna del gas, nel senso che se ragioniamo così siamo alla canna del gas». Più moderata la reazione di Walter Verini, braccio destro di Walter Veltroni: «Non ho colto alcuna novità rispetto alle concezioni politiche di D'Alema». Ma in questa fase, aggiunge, il «bipolarismo non va indebolito, semmai rafforzato». E se Oliviero Diliberto parla di «un modo di ragionare stantio, perdente e tutto politicista», Nichi Vendola non è da meno: «Il dibattito sul rapporto con Gianfranco Fini è espressione dello stato confusionale della leadership del Pd che continua a vivere arroccato in un palazzo e a non accorgersi della domanda di cambiamento forte che arriva dai cittadini, domanda frustrata da un'offerta politica incomprensibile, criptica e politicistica». Non tutti, però, attaccano D'Alema. Franco Marini, ad esempio, condivide le sue opinioni: «Guardiamo Fini con interesse, questa è la posizione del mio partito». Mentre Antonio Di Pietro, pur ribadendo che il «bipolarismo non si tocca», invita a sostenere Fini nella sua battaglia «per la difesa delle prerogative del Parlamento» mentre «Berlusconi fa il sultano». In mezzo al guado, come sempre, Pier Luigi Bersani: «Fini solleva problemi veri ma in un contesto in cui è impossibile risolverli. Quindi tutto questo si trasforma in un battibecco che rischia di avere scarsi esiti dal punto di vista pratico».