Alla finestra a guardare
Lalettera di dimissioni di Italo Bocchino che arriva sulla scrivania del capogruppo alla Camera. L'intervista di Gianfranco Fini a Ballarò. Le acque agitate in cui continua a navigare il Pdl. Già, perché se il rapporto tra i due fondatori del Popolo della libertà, molto lentamente, si sta assestando (per lo meno questo è il desiderio del presidente della Camera), l'impressione è che la maggioranza resti sulle montagne russe. Il premier, resta un altro giorno ad Arcore, rinviando a questa mattina il rientro nella Capitale. E lavora su come uscire dall'empasse. Nella sua agenda non ci sono impegni particolari per tutta la settimana. E questo perché, spiegano dal suo staff, il premier vuole lavorare sui prossimi impegni del governo, tenendo però un occhio fisso alla questione Fini e finiani. Raccontano alcuni fedelissimi del Cavaliere che l'atteggiamento tenuto negli ultimi giorni dal presidente della Camera non agevola di certo il Cavaliere. Tenere i toni bassi, tentare di ricucire il più possibile, andare in televisione a spiegare agli italiani quello che è successo, sgombrando il campo da tutti i dubbi di slealtà e tradimento sulla sua persona. Ecco tutto questo, spiegano, non fa che confondere ancora di più le cose. Sarebbe molto meglio se Fini facesse uscire la sua parte ribelle, quella vista giovedì scorso durante la Direzione nazionale del partito. Ed invece nulla di tutto questo. Berlusconi starebbe ragionando con i suoi su come procedere, anche perché i sondaggi parlano chiaro, con la Lega che cresce nei suoi consensi a scapito proprio del Pdl. A dirgli delle dimissioni di Bocchino, è stato proprio il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, aggiornandolo anche su tutti gli sviluppi del caso. Ora il Cavaliere avrà l'ultima parola sulla vicenda, consapevole che la conta, a questo punto, si è spostata in Parlamento, nel gruppo del partito di maggioranza. Fosse per lui, forse, le dimissioni sarebbero accettate seduta stante. Potesse seguire solo il suo istinto, Berlusconi sfilerebbe senza ripensamenti la sedia di vice capogruppo vicario a Italo Bocchino. C'è da dire però che tutta la vicenda annoia il presidente del Consiglio ancora più che irritarlo: perché - spiegano dalla maggioranza - è una di quelle liturgie di "politica politicante" che gli scatena una vera e propria reazione allergica. A questo si aggiunga che è anche l'ennesimo segnale "negativo" che arriva dai "finiani" mentre il presidente della Camera, apparizione tv dopo apparizione tv, ammorbidisce appunto le distanze. Su una cosa nessuno nell'entourage del premier ha dubbi: a rispondere positivamente alla richiesta di incontro di Bocchino, il Cavaliere non ci pensa proprio. Meno scontata appare invece la conclusione della vicenda. L'orientamento che emerge è quello di lasciar decantare. Anche perché, la domanda che resta sul tavolo è: che farà Fini rispetto ad uno degli uomini a lui più vicini? Non ci presteremo - è la linea che sarebbe emersa - ad accuse di epurazione, quello che conta è come ci si comporta al momento di votare in Aula. La soluzione del caso Bocchino? Come si legge nel comunicato dell'ufficio stampa del Pdl andrà esaminata «con la dovuta attenzione anche a livello del gruppo dirigente del partito». L'assemblea del gruppo, tanto per cominciare, visto che è l'organismo che ne ha deciso la nomina. E poi, se servirà, anche l'ufficio di presidenza. La strategia del premier, a questo punto sarebbe quella di affidare ancora una volta la decisione al Pdl, in modo che qualsiasi scelta avvenga in piena maggioranza. E alla minoranza, come detto più volte dal Cav, tocca adeguarsi.