A Roma il Pdl scoppia
È Roma la prima vittima dello tsunami Pdl. Oltre alla querelle Fini-Berlusconi, ad accendere gli animi del Pdl capitolino, già duramente provato dall'esclusione della lista alle regionali, ci si è messa anche la formazione della giunta Polverini e una riunione del partito che ha deluso molti. Cresce così il gruppo dei «dissidenti» in Campidoglio e Alemanno si ritrova con un'altra gatta da pelare. Alla fine la resa dei conti è arrivata. A poche ore dalla formazione della giunta della Regione Lazio, contestata da gran parte del Pdl locale e con la querelle Fini-Berlusconi ancora tutta da definire, è ancora Roma al centro dell'azione politica. E sarà ancora una volta il sindaco Gianni Alemanno a dover sbrogliare la matassa di un partito che è finito sull'orlo dell'implosione. E di tempo ce n'è pochissimo. Dall'esclusione della lista Pdl di Roma e Provincia, ai candidati della lista civica Polverini «adottati» dagli esclusi, alla formazione di una squadra di governo regionale che ha tenuto fuori importanti realtà romane, a un'assunzione di responsabilità sul «pasticcio del panino» che nessuno si è preso. Neanche ieri, quando si è riunito per la prima volta il coordinamento romano del Pdl al quale hanno partecipato, guarda caso, sia i neoassessori regionali sia parlamentari del calibro di Maurizio Gasparri e Beatrice Lorenzin e il ministro Giorgia Meloni. Che i toni fossero accesi era prevedibile ma a far riflettere sono i contenuti. Ai ferri corti Stefano De Lillo che, dopo aver parlato di «impegni traditi» chiede subito il congresso «per uscire dalla logica delle quote 70-30» e poi sulla dirigenza del partito: «Mi aspettavo che qualcuno si assumesse la responsabilità politica di quello che è successo, purtroppo così non è stato». L'affondo arriva da Luca Gramazio, vice capogruppo Pdl in Campidoglio: «Auspicavo che in questa riunione i vertici del Pdl, dopo una situazione che ha creato delle divisioni, si presentassero dimissionari, come avrebbe fatto una classe dirigente matura. Queste dimissioni non ci sono state: ne prendo atto». A mediare ci prova Gasparri che parla subito del 2013 e di come «occorre riorganizzarsi per la rielezione del sindaco Alemanno». Mentre il coordinatore romano, Gianni Sammarco, apparentemente indifferente al fuoco incrociato sopra la sua testa, parla della necessità di «una sede unica per il partito e un rilancio dei giovani: gettarli nella mischia per fargli fare le ossa». C'è chi però le ossa se l'è fatte davvero e rischia ora di rompersele a vantaggio delle solite, vecchie correnti che non lasciano spazio. Per questo dopo l'ennesima, eclatante delusione sulla giunta del Lazio, sarà il Campidoglio il primo fronte di battaglia. A cominciare dal gruppo dei «dissidenti» o meglio il «Laboratorio Roma» nato proprio in Aula Giulio Cesare e composto dai consiglieri Pdl, Roberto Angelini, Fernando Aiuti, Antonello Aurigemma, Pierluigi Fioretti, Giovanni Quarzo, Ludovico Todini, Alessandro Vannini. Il gruppo torna a chiedere non solo le dimissioni del coordinatore Sammarco ma un diverso equilibrio nella giunta capitolina, chiedendo la testa di uno degli assessori in area ex Fi tra Marco Corsini e Alfredo Antoniozzi. Al Laboratorio Roma dei sette consiglieri comunali si aggiungeranno oggi, in una conferenza stampa che si preannuncia infuocata, i De Lillo, Luca Gramazio e Donato Robilotta, il consigliere regionale uscente che ha commentato con parole durissime la composizione della giunta del Lazio. «Ci sono alcuni nomi che fanno a cazzotti con la comune decenza». Una «posta» quella sui vertici del partito locale che può valere l'integrità del gruppo comunale del Pdl e un rimpasto della giunta Alemanno per tentare di mantenere l'equilibrio. Potrebbe essere già tardi però. L'altra sera sono stati notati in un ristorante capitolino, il capogruppo de La Destra in Campidoglio, Francesco Storace, il capogruppo Pdl, Dario Rossin e il consigliere comunale Marco Visconti che, ricordiamo ha da poco rimesso nelle mani del sindaco la delega all'Emergenza abitativa proprio per la vicenda delle regionali. Al di là degli intenti del consigliere Giuseppe La Fortuna che solo qualche giorno fa ha dichiarato la disponibilità ad andare con la Lega, il partito di Bossi avrebbe preso contatti con Antonino Torre, l'energico generale in pensione, unico rappresentante della Lista civica Alemanno. Dopo l'esclusione della lista Pdl, la querelle Fini-Berlusconi, la composizione della giunta regionale e un partito che stenta persino a fare il «mea culpa», si apre forse la sfida più difficile per Alemanno. Le beghe ora se le ritrova in casa sua.