Toh, Gianfranco riscopre d'essere "di destra"
Gianfranco Fini si riscopre di destra. Erano anni che non dichiarava apertamente di esserlo e l'ultima volta che aveva parlato della parte politica dalla quale proviene risale al novembre scorso: lo fece durante un convegno con Aznar. Ieri, nella trasmissione In mezz'ora con Lucia Annunziata su Raitre, il presidente della Camera ha spiegato: «Io penso di rappresentare all'interno del Pdl, insieme ad alcuni amici, una certa sensibilità di destra: una destra moderna, una destra che cerca di ascoltare le posizioni dell'altro, una destra che non insulta, che cerca di parlare senza sentenziare, una destra che non ha la bava alla bocca e non vede altro che un nemico, ma cerca di dialogare con l'avversario. Una destra siffatta deve, all'interno del Pdl, far sentire la sua voce, che sarà molto più alta, secondo me, di quello che i numeri in Direzione fanno capire, su alcune grandi questioni: la legalità, che è perfettamente compatibile con la riforma della giustizia. Io considero la magistratura un baluardo, anche se poi devo riconoscere che c'è una magistratura politicizzata. Poi c'è il rapporto Nord-Sud». Che cosa spinge Fini a riesumare questa definizione di se stesso? Evidentemente, l'esigenza di rivolgersi ai suoi, al suo mondo di origine, e di richiamare in qualche modo l'attenzione degli ex An. Non dei quadri intermedi, che lo hanno in gran parte mollato: l'ultimo è stato Marco Martinelli, storico capo dell'organizzazione di Alleanza nazionale e compagno di immersioni subacquee. Il nuovo obiettivo di Fini è rivolgersi direttamente ai militanti, agli iscritti. E per questo rispolvera parole-chiave della destra. Legalità, coesione nazionale, per esempio. Insomma, ora sembra che si muova in vista di una sorta di campagna elettorale congressuale, che scatterà quando Berlusconi convocherà l'assise di partito (giovedì ha dichiarato genericamente che si dovrebbe tenere ogni anno). Per questo, il presidente della Camera andrà più spesso in televisione: già domani sarà ospite di Ballarò. Andrà personalmente a spiegare la sua posizione, in giro per le città, più di quanto non abbia fatto finora nel tentativo di parlare anche alla vecchia guardia di Forza Italia che chiede criteri chiari per la selezione della classe dirigente. Certo, non sarà un percorso facile. Nota Maurizio Gasparri: «Fini non ha detto nulla sul voto agli immigrati, sulla Ru486, sui matrimoni gay. Aspettiamo. In caso, siamo pronti a porgli delle domande». Sarà anche complicato andare alla conquista degli iscritti, visto che il tesseramento è in mano a un uomo di Forza Italia, Gregorio Fontana, il cui vice è un fedelissimo di Alemanno, Francesco Biava: «La fase delle iscrizioni è partita, ma ancora non si sono mossi i big», confessa l'uomo del sindaco di Roma. Se l'ex leader di An prova a rassicurare, i suoi fedelissimi si sforzano di rasserenare il clima. Dice Anna Maria Bernini: «Il presidente Fini, riconfermando la propria adesione alla leadership ed al programma sui quali il Pdl ha ricevuto a più riprese dagli italiani mandato a governare, sgombra il campo da ogni ipotesi autonomistica. Ed esprime la propria volontà di operare dall'interno per costruire un Pdl rafforzato e rimotivato». Teso, con le labbra strette che ha tutte le volte che è nervoso, ansioso di mostrarsi sorridente come quando simula serenità, il Fini che s'è visto ieri in tv ha tentato in tutti i modi di far capire che lui non ci pensa proprio a far cadere il governo, che non farà agguati, non intralcerà la riforma della giustizia, ma che desidera solo che sia il Parlamento e non il governo a dare gli ordini ai pm (lo ha già scritto due anni fa sul Corriere della Sera), e che non saboterà il federalismo fiscale. Anzi, annuncia: «Mi accingo, se Bossi lo vorrà, ad incontrarlo nei prossimi giorni, perché non dirò mai che Bossi vuole rompere l'unità nazionale». Il suo pallino, par di capire, resta Giulio Tremonti, che esce rafforzato dalle Regionali e ormai figura in pole per la guida del centrodestra.