Fini capo fazione: "Nuova fase nel Pdl"
Toh, Gianfranco si riscopre "di destra"
Sorride ma è teso. Si vede. Davanti alle telecamere di «In mezz'ora» di Lucia Annunziata, il presidente della Camera Gianfranco Fini ostenta sicurezza. Precisa che non si è pentito dei toni usati giovedì durante la direzione nazionale del Pdl e bolla come «irresponsabili» quelli che hanno evocato lo spettro delle elezioni anticipate. Riafferma che non varerà un nuovo partito ma avverte che rispetterà le decisioni del Pdl solo se saranno discusse. Poi tocca i temi principali del suo impegno futuro: federalismo, politica economica e giustizia. Nessun accenno all'etica, per evitare nuovi conflitti. Ma una certezza c'è: «La destra sono io». La trasmissione di Raitre è soltanto il primo gradino della strategia comunicativa del presidente della Camera. Nei prossimi giorni tornerà ancora in tv (domani a Ballarò e poi forse un passaggio da Fazio) mentre oggi riunirà i fedelissimi alla Camera. L'obiettivo resta sempre lo stesso: far sentire la sua «voce politica». Comincia con una stoccata: «Il documento della direzione sembrava fatto apposta per contare gli eretici». Piuttosto, rilancia, «penso di rappresentare la sensibilità della destra moderna, che non ha la bava alla bocca e cerca di dialogare con l'avversario». Insomma, «la fase 70-30 tra ex Fi ed ex An è archiviata, esiste il Pdl in cui c'è una maggioranza e un'area d'opinione che su alcune questioni la pensa diversamente». Di scontri pubblici ce ne saranno altri. Ben vengano. Con Berlusconi, dice Fini, «abbiamo tolto il lavoro ai retroscenisti. Questo è un dibattito che un grande partito fa alla luce del sole e al termine del quale ciascuno poi si assume le sue responsabilità». Si sofferma anche sulla giustizia. «Riconosco che ci sono settori della magistratura politicizzata» ma «non dirò mai che i magistrati sono un cancro», anzi «penso che siano un baluardo della legalità». Ancora: no «ai pm dipendenti dall'esecutivo» spiega il presidente della Camera in evidente contrasto con le posizioni espresse pochi giorni fa dal premier. Dopo va sulla Lega. «Io non ho mai detto di essere contrario al federalismo fiscale - precisa - Ho solo contestato chi dice di volere il federalismo fiscale "ad ogni costo" perché non può essere lesivo della coesione nazionale» e perché «deve avere costi sostenibili e compatibili con i conti pubblici». E su questo Fini s'è detto disponibile a «incontrare Bossi nei prossimi giorni. So che lui vuole il federalismo visto che è alla base del programma della Lega, ma se lo volesse a scapito della coesione nazionale sa bene che il Pdl direbbe di no». Infine spinge sulla politica economica: «Bene Tremonti - dice - che tiene i conti in ordine» evitando al Paese di «finire come Atene». Ora però, aggiunge, «la questione è come riuscire a far ripartire l'economia». L'ultima questione è sul rischio di vendette da parte del Pdl, magari da consumarsi con l'«epurazione» dei finiani. «Chi oggi mi sostiene - spiega Fini - non lo fa certo per interesse. Non credo che la maggioranza ampia del Pdl reputi intelligente fare la lista degli epurandi perché c'è poco di liberale. Faremo delle discussioni sulle modalità con cui far funzionare meglio il partito e nulla più di questo in vista del Congresso». A proposito dell'assemblea: «Tra sei mesi o un anno fa lo stesso». E su Italo Bocchino che ha messo sul tavolo le proprie dimissioni da vicepresidente, Fini aggiunge: «Ma davvero oggi bisogna che il vicario del gruppo Pdl alla Camera metta la sua testa? E per che cosa? Non è un problema di posti - conclude - o di liste di epurazione».