segue dalla prima (...) il diritto di guidare.
Miha confortato in questa opinione, che so essere controcorrente anche nel nostro bel giornale, l'intervista di ieri di Nicola Zingaretti al Corriere della Sera. Il presidente della provincia di Roma, con il fiuto investigativo del celebre commissario televisivo Montalbano interpretato da suo fratello Luca, ha praticamente invitato Pier Luigi Bersani e tutti gli altri compagni più o meno saccenti dell'accidentato Partito Democratico a non scambiare per uno svantaggio di Berlusconi quanto è accaduto alla direzione del maggiore partito di governo. Che ha aumentato la sua già rilevante "forza comunicativa", capace ora di occupare "insidiosamente tutto lo spazio politico", sia di maggioranza sia di opposizione. Potrebbe sembrare, ma non è un imbroglio dialettico, prodotto magari dai limiti, chiaramente avvertiti e denunciati da Zingaretti, di un partito d'opposizione come il suo, incapace di comprendere e rappresentare gli umori e i bisogni veri del Paese con uno spartito antiberlusconiano bocciato ripetutamente dagli elettori. Non sono francamente preoccupato neppure del pericolo, da molti avvertito invece nel Pdl, che l'esigua minoranza finiana acquisti più forza dirompente di quanta ne possa meritare con i numeri a causa della visibilità e del ruolo istituzionale del presidente della Camera. Al quale i giornali e le trasmissioni televisive della tifoseria di sinistra si sono opportunisticamente affrettati ad aprire ancora di più le porte nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Ebbene, proprio perché presidente della Camera, Fini dovrebbe avvertire l'interesse, prima ancora che il dovere, di organizzare e rappresentare una minoranza responsabile e costruttiva, sapendo bene che in caso contrario il primo a rimetterci sarebbe lui. L'incompatibilità tra la neutralità richiesta alla terza carica dello Stato e la parzialità di un capocorrente prevenuto diventerebbe ancora più clamorosa e insostenibile di quanto già non sia stata avvertita dai suoi critici. Occorrerà piuttosto una più accorta gestione dei gruppi parlamentari nel partito di maggioranza. So che a Berlusconi non è mai piaciuto politicamente Aldo Moro, anche se ne ha sofferto naturalmente la terribile e ingiusta fine. Ma vorrei ricordargli lo stesso, e indicargli come esempio, l'astuzia con la quale Moro, quando era segretario della Dc e preparava la collaborazione di governo con i socialisti, tutelava e valorizzava la minoranza centrista di Mario Scelba, che vi si opponeva. Egli arrivava a certificarne, anzi a sottolinearne il dissenso nei comunicati della direzione, anche nei casi in cui mancava un esplicito voto contrario. Francesco Damato