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L'ultimatum dell'Umberto "Subito riforme o elezioni"

Umberto Bossi

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«Siamo davanti a un crollo verticale del governo e probabilmente di un'alleanza, quella del Pdl e Lega». L'Umberto è furioso, o meglio, fa il furioso. È il popolo padano che glielo chiede: quei leghisti che hanno bisogno di sentirlo alzare la voce e minacciare rotture contro quel Pdl che, nonostante al Nord, elezione dopo elezione, continui a perdere consensi, si permette di sparare a zero contro la Lega. Così Bossi indossa ufficialmente la veste di capopartito, manda un messaggio all'alleato, arriva addirittura a minacciare il ricorso alle urne e, rilasciando un'intervista di fuoco a La Padania, lancia un vero e proprio affondo nei confronti del presidente della Camera. Ed è in quelle battute riservate a Gianfranco Fini che si capisce dove voglia veramente arrivare il Senatùr: «Io sono per la mediazione ma la gente del Nord no, ha perso la pazienza. Fini ha rinnegato il patto iniziale. È un vecchio gattopardo democristiano che finge di costruire per demolire e non muovere nulla. In questo modo aiuta la sinistra, è pazzesco. Anzi, penso che sarà proprio la sinistra a vincere le prossime elezioni grazie a lui». Bossi non usa mezze parole per attaccare il numero uno di Montecitorio, e continua: «È palesemente contro il popolo del Nord, a favore di quello meridionale. È contro il federalismo e parteggia per il centralismo dello Stato e il meridionalismo. Berlusconi avrebbe dovuto sbatterlo fuori subito, senza tentennamenti invece di portarlo in tv e dargli voce e rilievo». Così Bossi fa il leader e dà seguito al fermento manifestato dal popolo leghista che da giorni ormai ai microfoni aperti di Radio Padania non risparmia bordate durissime a Fini. Ma chi sa interpretare le mosse del "Capo", assicura che la sua strategia fa pensare ad un accordo con Berlusconi. «Figuriamoci se Bossi pensa minimamente a rompere l'alleanza con Berlusconi - spiega un parlamentare nordista - Quello che accadde nel 1994 non si può più verificare. Tra lui e Berlusconi c'è un patto di fedeltà fortissimo. Questo lo ha capito Fini ed è per questo che lui sta tentando in tutti i modi di metterci i bastoni tra le ruote sulle riforme». Riforme che tornano anche nell'intervista di Bossi: «Noi vogliamo le riforme, i miei le vogliono e io devo interpretare le richieste della base, delle gente stufa. Riforme subito!». E se queste, soprattutto quella sul federalismo fiscale, non dovessero trovare compimento ecco che l'Umberto traccia la rotta per il futuro: «Senza riforme bisogna andare alle elezioni anticipate. Piuttosto che star lì a far niente, meglio votare». Un ulteriore avvertimento a Fini e ai suoi supporters più che a Berlusconi. Infatti come raccontano i ben informati sembra proprio che tutte le minacce di Bossi, oltre ad essere state in qualche modo concordate con il premier, potrebbero fornire a Berlusconi il pretesto per relegare in un angolo Fini. Un'ipotesi che trova fondamento anche nelle dichiarazioni rilasciate in serata dal Senatùr che, dopo aver cercato di minimizzare sui rischi di rottura con il Pdl («No, no, figurati... i giornalisti... Io non dico quelle cose lì») torna ad alzare la voce: «Fini presidente della Camera? È un problema». Così, mentre Bossi si preoccupava dei possibili scenari futuri nel centrodestra, gli altri leghisti commentavano il caos all'interno del Pdl. Tra i primi il viceministro Roberto Castelli: «Noi della Lega siamo estremamente preoccupati. È venuto fuori uno scontro che sembra insanabile. Questo pone gravissime preoccupazioni». Subito dopo è il momento di Luca Zaia, neo governatore del Veneto: «La Lega è al Governo per fare le riforme e nella direzione del Pdl si sono sentite cose e attacchi inaccettabili». Ma la vera stoccata a Fini arriva dall'eurodeputato, Mario Borghezio: «Bisogna dire grazie a Feltri. Chi se non lui ha saputo "fotografare" il falso-amico della nostra maggioranza e, soprattutto, dei milioni di elettori che hanno creduto in lui quale alfiere del cambiamento». Ora l'unica preoccupazione di Bossi ma anche di Berlusconi è che il presidente della Camera si vendichi imponendo una serie di voti segreti in Aula. delle vere e proprie insidie valutando i precedenti. Allora non resta che aspettare il prossimo casus belli: sarà il federalismo dei leghisti oppure la riforma della giustizia voluta dal premier?

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