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La "definistrazione" dovrà passare per le urne

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Scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini alla direzione del Pdl

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Non sono trascorse neppure 24 ore e le pietre hanno cominciato a rotolare. La direzione shock del Pdl sta provocando quel che mi aspettavo: una reazione a catena che poi sfocerà in una partita parlamentare di lungo periodo in cui Fini proverà a logorare il presidente del Consiglio da qui al 2013. Il diavolo però fa le pentole e mai i coperchi. E il coperchio in cucina si chiama Bossi. A Umberto l'incursione del gruppo dei guastatori finiani non piace per niente: mette a rischio le riforme, riempie di ostacoli il percorso fino all'altro ieri in discesa del federalismo fiscale e pone la Lega nel mirino di un gruppetto di tiratori scelti che portano sull'elmetto la targhetta «fuoco amico». Il ragionamento del Senatur è semplice: così non può durare e rosolare Berlusconi significa cuocere a fuoco lento anche i progetti del Carroccio. Ragion per cui Bossi non ha perso tempo e sulla Padania ha varato la sua strategia di «definistrazione». Via Fini. Bossi auspica l'uscita del presidente della Camera dal Pdl e non resterà fermo con le mani in mano ad osservare Gianfranco e i suoi manovrare come sparvieri sull'alleanza. Dicono che la sortita di Bossi sia stata una mossa concordata con il Cavaliere. Non ne sono certo, ma se fossi in Berlusconi guarderei lo scenario futuro tenendo pronta l'arma letale delle elezioni. Il gruppo dei finiani non ha presentato alcun documento da far votare alla direzione del Pdl. Questo fatto è molto importante: a Fini e ai suoi nuovi colonnelli non interessava marcare una posizione politica «di programma», non interessava mettere enfasi sui contenuti, sulla proposta. A Fini premeva solo mostrare la protesta plateale contro Berlusconi, la ribellione al Principe. L'intendenza finiana ha seguito muta la scena. Nessuno è intervenuto. Il programma era stato rispettato e il risultato minimo conseguito. Quale? Il divorzio plateale tra Gianfranco e Silvio, il frastuono di piatti e patti rotti. Punto. Non c'era strategia in tutto questo, solo una cinica tattica. Come rispondere? Bossi ha messo la quarta sul suo carro armato e ha fatto sentire il ruggito dei cingoli. Per il leader della Lega Berlusconi avrebbe dovuto cacciare Fini subito. Via dal partito. Fuori dalla finestra. E in Parlamento ci si conta al clangore di sciabole e baionette. È una mossa possibile? Lo sarà nel momento in cui Fini e i suoi scopriranno il fianco. Nonostante le cautele di Fini, i discorsi felpati dei suoi fedelissimi e le dichiarazioni d'approvazione, l'occasione arriverà presto. C'è chi pensa che fino a settembre non ci saranno scossoni, è primavera, passerà l'estate e poi comincerà l'autunno caldo della politica. Illusione. Nella Camera presieduta da Fini si discuteranno testamento biologico, cittadinanza, processo breve, intercettazioni, dovranno esser dati i pareri sui decreti attuativi del federalismo fiscale. Bolle in pentola di tutto e basta far scattare il voto segreto per aprire la botola infernale in cui il governo potrebbe cascare per un banale errore di valutazione, mancanza di coordinamento tra i gruppi, assenze più o meno improvvise o il dolo scientifico di qualcuno che gioca allegramente allo sfascio e se ne infischia delle condizioni del Paese. Nel frattempo Fini ha già studiato le prime mosse della sua campagna militare. La comincerà in pompa magna e in pieno stile berlusconiano: serrando i ranghi con i suoi fedelissimi e sbarcando con i mezzi anfibi in televisione. Sfruttando il suo ruolo di terza carica dello Stato e l'automatico accesso riservato alle alte cariche negli studi della Rai, farà partire una massiccia strategia del piccolo schermo che prevede domani l'apparizione da Lucia Annunziata a «In mezz'ora» (Rai Tre) e martedì prossimo nel «salotto degli intelligenti» di Giovanni Floris, Ballarò (Rai Tre). Non a caso Fini userà come portaerei per il suo primo raid volante la terza rete di Viale Mazzini. Il suo messaggio antiberlusconiano fa girare la testa a quelli che da sedici anni sognano la caduta del Cav, meglio se ciò avviene per mano del cofondatore del Pdl. La metamorfosi politica di Fini genera mostri catodici: passiamo da TeleKabul a TeleGianfry. Il presidente della Camera è il corteggiato speciale di una sgangherata opposizione che dopo aver bruciato i leader in casa come cerini (D'Alema, Fassino, Veltroni e ora Bersani) e non avendo più icone progressiste disponibili all'estero (Clinton, Blair, Zapatero, Obama), vede in Fini la ciambella di salvataggio dal diluvio universale che la sta travolgendo elezione dopo elezione. Fiamma e Martello la trionferà? Vedremo. Intanto gli ispiratori della relazione pericolosa si riuniscono tutte le sere davanti al caminetto illuminista di Repubblica. Fini avrà ampio spazio in tv e sui giornaloni. Il paravento della carica istituzionale gli offre molteplici occasioni per fare e disfare il Pdl. Fare quando dovrà mostrarsi strumentalmente lealista al progetto della destra di governo, disfare quando gli servirà marcare nettamente la distanza da Berlusconi. Una penelope paziente e insidiosa per il governo e la maggioranza. Restare imbrigliati nella tela che sta tessendo può essere letale per il Cavaliere e dannosa per un'Italia alle prese con uno scenario europeo complicato dal default della Grecia. Francamente, tre anni di legislatura in queste condizioni non riesco a immaginarli. Andreotti diceva che il potere logora chi non ce l'ha, ma di fronte a questo plot in stile Agatha Christie, credo sia meglio votare che farsi suicidare.

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