Fondazioni liriche, cresce la protesta
Attesa per questa settimana, potrebbe arrivare lunedì o martedì la decisione del presidente della Repubblica sul decreto di riforma delle fondazioni liriche messo a punto dal ministro Bondi e varato venerdì scorso dal consiglio dei ministri. E mentre si aspetta di conoscere quale sarà il testo definitivo del provvedimento, limato fino all'ultimo negli uffici di Palazzo Chigi e dei diversi ministeri coinvolti, sale la protesta dei lavoratori, che oggi a Milano hanno approfittato della presenza del Capo dello Stato per consegnargli una lettera in cui spiegano le loro perplessità e gli chiedono di non firmare. L'alternativa, annunciano i sindacati, saranno scioperi e occupazione dei teatri, che dovrebbero venire fuori a catena a partire dalla data di promulgazione del decreto. Una dichiarazione di guerra che vale per Milano, ma anche per Roma, dove i lavoratori del Teatro dell'Opera si sono allineati con il coordinamento nazionale. E naturalmente vale a Firenze, tra le città più bollenti, dove i lavoratori hanno votato a maggioranza la possibilità di scioperare il 29 aprile, facendo saltare la prima del Maggio. Polemico anche lui con il decreto, il sindaco Matteo Renzi (Pd) fa gli scongiuri e invita alla calma, «Sarebbe un autogol», dice. Bondi, convintissimo delle sue ragioni, si è detto pronto a incontrare i sindacati dopo la promulgazione del decreto. A far discutere è il provvedimento - che pd e sindacati ritengono anche incostituzionale - ma qualche malumore lo hanno provocato i conti delle Fondazioni resi pubblici on line qualche giorno fa da Bondi per sottolineare la crisi del settore. Il comunale di Bologna, guidato da Marco Tutino che è anche presidente dell'Anfols (l'associazione che raccoglie le 14 fondazioni italiane), non ci sta a farsi elencare nella lista degli indebitati e ribadisce che il passivo dei suoi bilanci «non è imputabile a particolari errori di gestione». «Se negli ultimi anni avessimo ricevuto da Regione, Comune e Provincia gli stessi contributi arrivati ad enti lirici analoghi» il quinquennio 2004-2008 non solo non si sarebbe chiuso in passivo ma «avremmo accumulato un attivo superiore ai 6,1 milioni, sottolinea il sovrintendente confrontando la situazione bolonese con quella del Carlo Felice di Genova, del Regio di Torino e della Fenice di Venezia. L'attesa rimane comunque per il decreto. Articolato in 7 punti, non dovrebbe comprendere più almeno per ora l'autonomia per il Teatro alla Scala di Milano e l'Accademia di Santa Cecilia di Roma, argomento delle polemiche più infuocate. Rimangono invece tutte le disposizioni per il riordino del settore (comprese quelle per l'Imaie istituto dei previdenza degli artisti) l'età pensionabile dei ballerini ai 45 anni d'età, le procedure per arrivare ad un contratto nazionale di lavoro del settore in tempi brevi.