Fini: "Silvio non si tocca Si discute solo del Pdl"

Non sabotare il governo. E non dare neanche la sensazione di volerlo far cadere. Gianfranco Fini detta la linea ai suoi fedelissimi. Una linea che rimarca ancor di più i concetti del suo intervento alla direzione nazionale del Pdl giovedì prima della lite con Berlusconi. È il giorno della sedimentazione per il presidente della Camera. «La calma dopo una furiosa bisticciata tra moglie e marito», dice un suo collaboratore. Il messaggio però che è stato inviato da Montecitorio ai finiani è di prepararsi ad essere sempre presenti in Parlamento, votare disciplinatamente con il governo, non mettere in discussione in lavoro di Berlusconi come premier. Nessun problema sul testo che riguarda le intercettazioni telefoniche che proprio il Secolo ha definito in più di un'occasione un «buon testo» e che aveva ricevuto anche l'apprezzamento del presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno. Nessun agguato in vista sul lodo Alfano che peratro i finiani hanno già votato nella versione non costituzionale. Dunque, niente blitz. E parlando ieri a Firenze il presidente della Camera è stato piuttosto chiaro. Ha giudicato «positivo» il fatto che il premier il giorno prima avesse giudicato «necessario fare le riforme con la più ampia maggioranza possibile». Ha poi strappato una risata al pubblico quando, sollecitato sulla delicata questione del bilanciamento tra governo e Parlamento, ha detto: «Ne abbiamo discusso tante volte, anche ieri...». Niente domande per evitare questioni scomode e misure di sicurezza strette. Quello che il presidente della Camera vuole mettere in discussione non è il governo, ma il partito. Tanto che ha anche ammonito i suoi: «Basta con gli incendiari». Italo Bocchino si è adeguato subito e ha cambiato toni: «Per prima cosa bisogna stabilire quali sono i diritti della minoranza e di questo nessuno ancora ha parlato. E la seconda postilla è che ovviamente ci deve essere la libertà di coscienza per dei temi sensibili». Fabio Granata è rimasto in silenzio. Roberto Menia rilancia: «Continuo a pensare che nonostante la scenataccia di ieri (giovedì, ndr) ci siamo margini per ricucire. Di conseguenza la maggioranza di governo dura e il patto con gli elettori è rispettato. Vedremo quel che accade, ma non c'è alcun rischio di voto anticipato». La partita che ora si apre e tutta interna al partito. Flavia Perina per esempio invita a riflettere: «Tutti si sono soffermati sui nostri dodici voti. Ma quanti sono stati quelli a favore del documento dei coordinatori? Io ho contano una cinquantina di sì. Non oltre. C'erano tante assenze e tanti che non hanno proprio votato. E questo mi sembra il dato. Mi sembra che le questioni che ponesse Fini fossero largamente condivise. In tanti erano d'accordo con noi anche semplicemente sul fatto che Fini avesse il diritto di esprimere il suo pensiero in dissenso». L'appello a tutti è di andare in tv: spiegate la nostra posizione, parlate. Lui in persona lo farà a cominciare da domani. Il cofondatore lunedì farà il punto con i suoi e si appresta a rivolgersi direttamente al partito. La sua mail è intasata. Negli ultimi due giorni sono arrivati circa 3-4mila messaggi al giorno, a cui vanno aggiunte le telefonate, le lettere, i fax. Non sono tutti consenzienti ma si può parlare di un risveglio dell'orgoglio finiano. Ci sono tanti di sinistra che fanno il tifo, questo è certo. D'ora in poi però l'ex leader di An si rivolgerà direttamente ai ai suoi scavalcando le barriere interemedie. È partita una campagna sul territorio. Dicono gli esponenti degli ex An pro Berlusconi che su 118 consiglieri e assessori regionali oltre 100 hanno firmato con loro. Per Fini non è un bell'inizio ma gli basta aver cominciato.