Silvio-Maradona passi palla
«AncheMaradona passava la palla ai compagni: il vero leader convince non ordina». A un napoletano come Paolo Cirino Pomicino il paragone tra l'indimenticabile numero 10 azzurro e Berlusconi viene naturale. Il due volte ministro, esponente Dc ancora in sella, ha seguito in tv la direzione nazionale che, dice, «assomigliava più all'assemblea costituente del Pd. Ma quanti erano? 8-900? Ai miei tempi, quando la Dc prendeva 14 milioni di voti, nel Consiglio nazionale, che era il massimo organo, sedevano 220 persone. Non è un fatto di estetica ma la testimonianza che il Pdl non è ancora un "vero" partito». Secondo lei, onorevole Pomicino, il contrasto tra Fini e Berlusconi potrà servire al Pdl? «Potrebbe essere un'opportunità ma visto come è finita la direzione siamo ancora lontani». Ma il dibattito politico è stato piuttosto profondo... «Si è data voce a un'esigenza che va ben oltre la posizione di Fini, cioè quella di discutere su temi che il Pdl deve necessariamente affrontare. Ho assistito a un dibattito politico vero, a interventi importanti, come quelli di Cicchitto, Quagliariello, Brunetta e dello stesso Fini. Hanno detto cose che probabilmente non avrebbero detto altrove. È stata una grande occasione questa direzione, davvero». Quindi è fiducioso. Eppure il «divorzio» tra i due fondatori del Pdl potrebbe anche finire male... «Bè, adesso comincia la guerriglia parlamentare. Non sarà semplice. Il rischio è che il virus leaderistico che ha colpito i partiti in questa seconda Repubblica traformi le diversità politiche in meri personalismi». In effetti si parla da giorni dello «sfratto» di Fini dal Pdl. Più personalismo di così... «Esatto, ma non va bene. Non è mai esistito in Italia il tema di cacciare qualcuno da un partito». Non crede comunque che lo scontro di questi ultimi mesi, le stoccate reciproche, i lamenti sotterranei dovessero diventare espliciti e pubblici? «Certo. Dico di più. Le sembra normale che nessuno nel Pdl si sia posto il problema che 2 milioni e 400 mila elettori di centrodestra non sono andati a votare alle ultime consultazioni? Nel '90 l'affluenza andava dal 70% del Molise al 92% di Emilia Romagna e Lombardia. Bisognerebbe capire perché dopo 20 anni quasi il 30% degli italiani non ha votato. Questa discussione, così come le scelte economiche e altri temi determinanti per il Paese, si fa all'interno del partito. Ci mancherebbe». Vede analogie con la vecchia Dc? «Mi sembra che Fini abbia posto il tema della distinzione tra partito e governo. Quando De Mita provò a fare il segretario della Dc e il presidente del Consiglio perse in poco tempo entrambi gli incarichi. Anche Craxi, che pure era un autoritario, quando divenne presidente del Consiglio lasciò la gestione del partito a Martelli». Chi sarebbero stati Berlusconi e Fini nella Prima Repubblica? «È impossibile fare paragoni. Allora non c'era questo personalismo. Ma non capisco: che problema c'è a discutere? Chieda ai ministri se hanno mai letto la finanziaria del 2009, quella approvata nel giugno 2008 in nove minuti e mezzo. Nessuno. Si può andare avanti così? Possiamo avere anche Maradona al governo ma la palla la passava pure lui». D'accordo, ma lei ha mai sentito un presidente della Camera che dice al presidente del Consiglio: "Che fai, mi cacci?" «È il virus del personalismo. È sbagliato. Per questo dico che nella sfida tra Berlusconi e Fini o vincono entrambi o perdono entrambi. Hanno di fronte un'opportunità, quella di costruire un partito solido e unito. Certo da come è finita la direzione nazionale la strada sembra in salita. Si vedrà. Ma di certo nella Prima Repubblica nessuno è stato estromesso da un partito». Ha nostalgia delle risse politiche della Prima Repubblica? «Mi manca il confronto politico, quello vero. Al mio primo congresso democristiano avevo 34 anni ed ero assessore a Napoli. Venivo dalla società civile, ero assistente neurochirurgo. Mi ricordo che Forlani era segretario del partito e Andreotti presidente del Consiglio. Di notte si svolse la riunione in cui si decise che Fanfani sarebbe diventato il nuovo segretario. La mattina dopo lui stesso vide Andreotti e gli disse: "Giulio, ma dove sei finito ieri sera, ti abbiamo cercato. Poi ti spiegheranno". Ma non c'erano personalismi perché le idee non erano legate alle persone. In ogni caso i congressi devono essere veri, non convention pubblicitarie». Ma l'ha seguita tutta la direzione nazionale del Pdl? «Sì, quasi interamente. Sono a Milano e pochi giorni fa ho subìto un piccolo intervento chirurgico. Ora devo rimanere a casa per la convalescenza». Mi scusi Pomicino ma se non l'avessero operata avrebbe seguito lo stesso la direzione? «In effetti no. Ma ho sentito alcuni interventi di valore. Spero soltanto che sia Berlusconi sia Fini si rendano conto dell'opportunità che hanno e non la sprechino».