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La Lega boccia il Fini anti-federalista

Umberto Bossi e Gianfranco Fini

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«Esce allo scoperto il partito del sud contro le riforme. Fini ha tradito il patto con gli elettori». Il viceministro leghista Roberto Castelli non ha proprio digerito gli attacchi alla Lega del presidente della Camera. Non gli ha perdonato di aver criticato tutti quei temi cari ai Lumbard come le politiche contro l'immigrazione, la mancata abolizione delle Province e il fallimento della privatizzazione delle municipalizzate. Offese per Castelli che ha immediatamente tuonato: «Il 16 aprile scrivevo su Facebook: "Perché Fini ha rotto gli indugi proprio ora? Io credo sia per il fatto che il grande successo della Lega rischia di dare un grande impulso al processo riformatore. Sapevamo da tempo che nel Pdl ci sono forze che vogliono lo status quo, per cui oggi devono fermare ad ogni costo la Lega. Guardate i nomi dei finiani, sono il vero partito del Sud"». Parole che, se paragonate a quelle che ieri Fini ha pronunciato sul federalismo fiscale («rischia di mettere a repentaglio la coesione sociale», ndr) dimostrano come il viceministro sia stato in realtà un anticipatore degli eventi. E così, mentre gli aficionados di Radio Padania commentavano in diretta l'intervento di Fini («Ma che dice? Non rappresenta in Nord e nemmeno il centrodestra» o anche «Sembra un extraparlamentare di sinistra») a Castelli non resta che guardare alle ripercussioni che lo screzio all'interno del Pdl produrrà in Parlamento: «È chiaro che uscirà allo scoperto il partito di quelli che fino ad ora hanno solo fatto finta di sostenere il federalismo fiscale, confidando che non sarebbe mai arrivato a compimento. Eppure ricordo che esso è la sesta delle "Sette missioni per il futuro dell'Italia", il programma elettorale sottoscritto da Pdl e Lega Nord su cui anche Fini ha preso i voti». Ma per Fini la musica è cambiata: d'altronde quello era il 2008 e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata molta.  

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