Toh! Il Popolo della lite. E Alemanno fa Penelope
Non ha sorpreso la firma di Gianni Alemanno nel documento sottoscritto da 75 parlamentari già ribattezzato dai media «anti-Fini». Una definizione che lo stesso Alemanno, l'unico, ha rinnegato poco dopo. «Il documento firmato non è contro Fini ma è a favore del Pdl che noi vogliamo vedere crescere come unitario, partecipato e rispettoso delle identità interne». Un documento, quello di ieri, che contiene di fatto tutte le affermazioni di Alemanno da un anno a questa parte. È lui infatti che soprattutto negli ultimi mesi, quando la crisi tra Fini e Berlusconi era già realtà, ha lavorato non solo per evitare la rottura ma anche per dare una linea decisiva per il futuro di un partito che deve ancora prendere forma ma non sostanza. Così già in agosto era Alemanno a mettere in guardia: «I messaggi del Pdl sono schiacciati dal governo e, di fatto, affidati esclusivamente a Berlusconi: noi abbiamo bisogno che i coordinatori e i capigruppo diano voce al partito, è un passo indispensabile per evitare che la Lega sia troppo pesante sul versante dell'immagine e, comunque, serve un maggiore radicamento sul territorio». Un assist verso l'ala finiana del partito che non è stato colto. Ecco allora che Alemanno cambia strategia e se da una parte si avvicina sempre più a Berlusconi, dall'altra si pone come mediatore in una querelle politica e partitica che vale il destino del bipolarismo. Così, tra dicembre e gennaio, poco prima della «tregua elettorale» è sempre il sindaco di Roma a sedare gli animi, a rispondere alle domande dei giornalisti, a tenere contatti su entrambi i fronti. «Dobbiamo evitare di dividerci in fazioni pro o contro qualcuno, dobbiamo fare in modo che il progetto del Pdl vada avanti e lavorare per l'unità e l'intesa tra Fini e Berlusconi». E ancora, dopo l'aggressione di Milano al presidente del Consiglio, è sempre lui a lanciare l'idea di una manifestazione nazionale non solo di solidarietà al premier «ma anche per chiedere una diversa impostazione della politica che sia di riforme e di rispetto». I segnali della rottura però crescono. Ma il sindaco non molla. In una trasmissione televisiva arriva a chiedere come regalo di Natale «una grande unità tra Fini e Berlusconi perché abbiamo bisogno di un Pdl unito per continuare a cambiare l'Italia». Punta quindi sul Pdl, propone prima un partito federato «per avere un'autonomia più forte e radicata nel territorio, in grado di poter esprimere la classe dirigente», poi la strada maestra dei congressi, proposta a una settimana dal voto per le Regionali. «Dopo le elezioni - proponeva Alemanno - il Pdl deve fare i congressi per arrivare a far funzionare la democrazia interna del partito. Penso che questo sia condiviso anche dal presidente Berlusconi perché le leadership se sono solitarie sono più facilmente attaccabili». La crisi, tuttavia, sembra inarrestabile e non è servita l'enfasi della vittoria alle Regionali, quando sempre Alemanno sottolineava come «il Pdl non è un partito di plastica, forse c'è qualche carenza nell'organizzazione ma ha dimostrato una grande risposta popolare». Il lavoro politico di Alemanno, insomma è chiaro: mediare tra le anime diverse del Pdl per evitare una rottura che potrebbe significare la fine del bipolarismo, o meglio, del bipartitismo. L'obiettivo è duplice: un sindaco da solo non può cambiare la Capitale. Per governare bene serve un partito forte e coeso e la grande opportunità di avere un governo, e ora anche una Regione, «amici» non può essere lasciata sfumare da crisi di identità. E ancora, se Fini dovesse uscire dal Pdl, Alemanno sarebbe chiamato a prendere la guida della destra del Pdl. Un impegno ancora precoce. E chissà se il Natale di Roma porti proprio ad Alemanno il regalo chiesto alla vigilia: unità tra Fini e Berlusconi. Ancora un giorno di contatti e tentativi per scongiurare l'irreversibilità della crisi.