Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Fabio Benvenuti VENTOTENE Le urla di terrore, la disperazione, la sorte e la beffa.

default_image

  • a
  • a
  • a

«Lafrana, correte», è il grido d'aiuto che Luigi Cirillo, impiegato al Comune, ha sentito pochi minuti dopo le 11. È stato uno dei primi soccorritori. «Ci siamo messi a scavare con le mani» - racconta. «I ragazzi urlavano i nomi delle amiche, qualcuno provava a dissotterrare i corpi sepolti da due metri cubi di roccia», dice Patrizio Quinto, un altro dipendente. «Ero terrorizzato, ho visto i miei compagni buttarsi in acqua e altri allontanarsi urlando. Era l'inferno, le professoresse hanno iniziato subito a scavare per liberare le ragazzine», racconta piangendo alla madre uno degli studenti della scuola media Anna Magnani di Roma che ha visto le compagne travolte dalla parete rocciosa crollata da 6 metri d'altezza sulla spiaggia di Cala Rossano. Così, Sara Panuccio e Francesca Colonnello, entrambe 14enni, hanno perso la vita. Avevano messo piede sull'isola solo il giorno prima e ieri mattina non dovevano essere lì. La sorte, un cambio di programma. Dovevano fare un'escursione in una riserva del parco marino. Poi l'indisposizione di una loro compagna aveva dirottato tutti in spiaggia. Un'altra testimonianza filma fotogrammi del dramma: «Stavamo rientrando con la barca di servizio quando abbiamo sentito un tonfo e visto un pezzo del costone precipitare». A parlare è Antonio Gargiulo, ormeggiatore del Gruppo battellieri Ventotene di via Cala Rossano, a due passi dalla spiaggia. «Io e il mio collega Stefano Musella siamo immediatamente intervenuti - prosegue Gargiulo trattenendo le lacrime - abbiamo scavato a mani nude nella sabbia per portare in salvo quelle povere ragazzine. Una ragazzina era coperta fino alla cinta, l'altra era sepolta. Ci siamo subito adoperati con la respirazione bocca a bocca e con il massaggio cardiaco. Poco dopo è intervenuto anche un altro collega, Rodolfo Tonello, ma non c'era più nulla da fare. La ragazza sepolta era già morta. L'altra aveva ancora un filo di vita. Credo si sia trattato di un tragico incidente perché due anni fa il Genio Civile aveva effettuato lavori sulla parete della baia. Ma la rabbia è grande: non dovevano morire due ragazze così giovani». Sul posto tra i primi ad arrivare è stato il sindaco di Ventotene Giuseppe Assenso. «È una tragedia - ripete tra le lacrime - ho soccorso io le ragazze: sono un medico, ho tentato di rianimarle. Non abbiamo avuto alcun segnale di cedimento della parete. Non c'era stato mai alcun segnale. Non mi sento in colpa, se non come medico per non essere riuscito a salvarle». Così il sindaco conferma che il Comune non aveva messo in sicurezza l'area perché Cala Rossano non destava preoccupazione. Ieri mattina, a Ventotene, era casualmente presente anche il direttore della centrale operativa del 118 di Latina: «Ero in riunione con il sindaco per discutere il Piano estivo di protezione sanitaria. A un certo punto ci è arrivata la segnalazione dell'incidente e siamo intervenuti». In attesa dell'arrivo del magistrato, i corpi delle ragazze sono rimasti sulla spiaggia fino alle 17,10. Mani pietose li hanno ripuliti dal terriccio, dalla sabbia, e li hanno sistemati sotto due ombrelloni. Straziante il dolore dei genitori arrivati a Ventotene a bordo di un elicottero della protezione civile partito da Ciampino. «Sono andato a vedere il posto dove è morta mia figlia. È una morte assurda. Sono stato sul posto, ho toccato la roccia ancora attaccata alla parete. È friabile, l'ho tirata giù con le mani. Sono ignorante in materia ma mi chiedo: come fanno i geologi venuti a controllare le cose a dire che il posto era sicuro. E poi in questi giorni è piovuto e ripiovuto. Prima o poi quel costone sarebbe venuto giù. Era questione di tempo». Momento di raccoglimento nel pomeriggio, poco dopo le 16, nella cappella del Cimitero dell'isola, dove a consolare i genitori delle vittime è arrivato il presidente della Regione, Renata Polverini, il prefetto di Latina Antonio D'Acunto, insieme ai vertici di guardia di finanza e vigili del fuoco. Le bare hanno lasciato l'isola a bordo della motovedetta delle Fiamme Gialle, alle 18,45, diretti al porto di Formia scortate dai genitori. Pochi minuti prima delle 17 nella città litoranea era giunto anche il traghetto Isola di Procida con a bordo il resto della scolaresca. I ragazzi protetti dalla Guardia di Finanza e dalla Guardia costiera sono saliti, con gli occhi ancora gonfi di pianto e lo sguardo perso nel vuoto sul pullman messo a disposizione dalle Fiamme Gialle. A bordo del mezzo sono stati accolti da un gruppo di psicologi inviati dal Provveditorato agli studi e da uno dei responsabili della Mediterranea Viaggi, Mauro Ugazio, che ha affermato: «Non posso dire che questa tragedia si poteva evitare. So solo che la nostra esperienza dura da 25 anni, un tempo nel quale abbiamo portato a Ventotene 100 mila studenti provenienti da tutta Italia. Sull'isola c'erano 250 ragazzi. Posso solo dire che ci dovrebbe essere più attenzione per l'intero territorio». Gli studenti indossavano ancora magliette e calzoncini da spiaggia, i segni della fuga frettolosa dal terrore, con un unico desiderio: riabbracciare i volti cari. Ma alla tragedia bisogna forse aggiungere la beffa. La commissione Ambiente del Senato, ricordando i contenuti dell'interrogazione presentata a suo tempo da Raffaele Ranucci e da altri senatori sulla pericolosità delle coste dell'isola, ha precisato: «Il Governo aveva stanziato dei fondi. Le lungaggini burocratiche potrebbero aver rallentato gli interventi».

Dai blog