Marrazzo, Cassazione: "Vittima di un'imboscata"
"L'ex governatore del Lazio Piero Marrazzo fu chiaramente la vittima predestinata di una imboscata organizzata ai suoi danni da alcuni carabinieri della Compagnia di Roma Trionfale e nei suoi confronti non è ravvisabile alcuna responsabilità penale nè per quanto riguarda l'uso dell'auto blu, per raggiungere l'appartamento di di via Gradoli per incontrare il trans Natalie, nè per quanto riguarda l'eventuale utilizzo di cocaina". Lo sottolinea la Cassazione affrontando per la prima volta il caso Marrazzo nelle motivazioni, appena depositate, del provvedimento con il quale ha confermato le misure cautelari nei confronti dei carabinieri coinvolti, indicando anche un ruolo più grave nei confronti del maresciallo Nicola Testini. MARRAZZO - In particolare per quanto concerne la posizione di Marrazzo nell'ambito della vicenda che lo ha portato alle dimissioni dopo essere stato sorpreso e filmato da alcuni carabinieri insieme al trans Natalie, anche con una dose di cocaina, la Suprema Corte - respingendo i tentativi dei difensori dei carabinieri di gettare discredito sulle dichiarazioni dell'ex governatore - rileva che nei confronti di Marrazzo nulla autorizza ad ipotizzare condotte delittuose, essendo egli chiaramente la vittima predestinata di quella che è stata considerata come un'imboscata organizzata ai suoi danni. Aggiunge la Cassazione che "nemmeno la presenza della cocaina in casa di Natalie può condurre a diverse conclusioni. E ciò non solo perchè in base ai risultati delle indagini la presenza della cocaina "è stata attribuita proprio agli indagati, che miravano evidentemente a rendere più gravosa la posizione del Marrazzo per renderlo più vulnerabile e pronto a subire qualsiasi ricatto, ma anche perchè, se pure la droga l'avesse portata l'ex governatore, nessuna conseguenza di natura penale avrebbe potuto derivargliene, trattandosi di droga chiaramente destinata al consumo personale". Inoltre, aggiunge la Cassazione, che è "ugualmente irrilevante, sotto il profilo penale, l'uso, da parte dello stesso Marrazzo, dell'auto di servizio per raggiungere l'abitazione di via Gradoli, dal momento che di questa auto l'ex presidente della Regione Lazio era autorizzato a servirsi". Del tutto pretestuose - chiarisce ancora la Cassazione - sono le altre accuse rivolte al Marrazzo dagli indagati, strumentali all'esigenza di farne emergere l'inesistente posizione di soggetto indagato, come il riferimento ad una falsa denuncia di smarrimento degli assegni". Il riferimento è ai tre assegni, per un totale di 20 mila euro estorti a Marrazzo dai carabinieri Luciano Simeone e Carlo Tagliente durante l'irruzione a via Gradoli, dei quali Marrazzo diede notizia alla banca per "evitarne la commercializzazione o la possibilità di favorire i suoi aguzzini con quelle somme".