Gianni Di Capua MILANO «Il governo va avanti anche se non ci ricompatteremo».
Lui,il premier, è al lavoro. Va avanti: «La maggioranza resisterà, il Governo continuerà, sono cose superabili». Berlusconi va al Salone del Mobile di Milano e viene accolto da un'autentica ovazione. Arriva alla nuova Fiera di Milano e scherza: «Ho fatto la corte anche a Fini questa settimana. È da 15 anni che lo conosco ma com'è che adesso non andiamo d'accordo?» La nuova priorità si chiama tasse. «Nel giro di due anni realizzeremo un codice unico in materia fiscale per eliminare le migliaia di leggi che oggi creano troppa confusione». Quindi prende anche l'impegno preciso di ridurre le imposte: «Appena i conti pubblici saranno a posto la prima cosa che faremo sarà pensare alle famiglie numerose e la seconda l'abolizione dell'Irap che io chiamo imposta rapina». Infine si rivolge alla platea dei mobilieri: «Io sono venuto qui per il pranzo, ma qualcuna delle hostess la invitate o no?» Ma Silvio Berlusconi frena anche - almeno parzialmente - sulla riforma costituzionale. Se a Parma davanti alla platea di Confindustria, meno di dieci giorni fa, aveva detto che è la prima riforma da fare, ora cambia registro. «Si è tanto parlato di riforme istituzionali - spiega all'Auditorium della Fiera di Rho Pero -. Non credo che siano la cosa più importante». Certo, eleggere direttamente il «presidente degli italiani» così come si fa già con i sindaci e i presidenti di Regione «è un allargamento dei poteri dei cittadini», spiega, senza dire però se si riferisce all'elezione diretta del presidente del Consiglio o del Capo dello Stato. «È chiaro - osserva - che dietro a questo ci sono degli sconvolgimenti di tutto il nostro sistema costituzionale che risente del fatto che quando i padri costituenti si trovarono a scriverlo venivano dopo 20 anni di dittatura fascista e quindi avevano il timore che potesse ripetersi l'occasione di un nuovo regime. Allora consegnarono tutti i poteri alle assemblee parlamentari e non consegnarono nessun potere all'esecutivo che oggi è quello che ha minor potere al mondo». Un esempio è quello della scelta dei ministri, che il premier è costretto a discutere con il presidente della Repubblica il quale può rimandarne gli atti al Parlamento anche «venti volte». Su questo però Berlusconi vuole evitare qualsiasi fraintendimento con il Colle. E quindi precisa che «non c'è nessuna critica all'ottimo Capo dello Stato», fra gli applausi del pubblico. Non è la prima volta che Berlusconi parla di un esecutivo più forte. «La riforma costituzionale - aggiunge - è qualcosa a cui vale la pena di lavorare e lo faremo sentendo tutti». Da tempo la Lega definisce il Pd un interlocutore necessario per approvare il testo evitando il rischio che si faccia un referendum che manderebbe tutto all'aria come è successo con la devolution. E anche Berlusconi spiega che si cercherà l'assenso di una «opposizione responsabile, se diventerà responsabile, per dare al nostro assetto istituzionale una forma più moderna che consenta, soprattutto al presidente del Consiglio e al governo, di prendere decisioni con la necessaria tempestività». Per questa riforma, però, non parla di «guerra santa» come invece fa per la legge sulle intercettazioni che saranno possibili solo se ci saranno «gravi indizi di colpevolezza».