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Alemanno diventa mediatore

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Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

E Bersani s'aggrappa a Fini

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«Sindaco, parlaci tu con Fini. Faje capì. Parlaci, mi raccomando, digli di non fare stupidaggini». Così un anonimo signore blocca Alemanno a piazza del Popolo. Il suo è un appello accorato, come tanti del resto che si susseguono di ora in ora. Una giornata difficile quella di ieri, quando si sono alternati momenti si speranza e delusione. La trasmissione di venerdì sera «L'ultima parola» condotta da Gianluigi Paragone, dove finiani e berlusconiani si sono scambiati accuse con toni incandescenti, ha raffreddato gli animi. «E non poco», riferiscono fonti vicine al sindaco. Non a caso Alemanno, che proprio venerdì aveva incontrato Gianfranco Fini e parlato al telefono con Silvio Berlusconi, ponendosi come mediatore per risolvere la crisi del Pdl, ieri mattina è sembrato più pessimista del solito: «Stiamo cercando di risolvere il problema, ora vediamo cosa succede nelle prossime ore, è difficile fare una previsione». Lo scontro in tv è stata un aggravante, dissolta, forse, nel pomeriggio. Nessun incontro diretto ma contatti telefonici continui per parlare, riflettere, proprorre soluzioni che evitino la rottura e «salvino il Pdl». Un lavoro «certosino» quello di Alemanno che da tempo è impegnato in prima linea proprio per ricostruire quel partito che piace a pochi. La strada maestra è tuttavia quella più antica: i congressi. Una linea adottata con forza proprio dal primo cittadino all'indomani del «pasticcio» della mancata presentazione della lista Pdl proprio a Roma. Tra una telefonata e l'altra poi l'ottimismo è tornato. «Non bisogna drammatizzare - ha aggiunto il sindaco - perché la politica è fatta anche di questi momenti di difficoltà e crisi. Mi auguro che prevalga il buon senso e che si risolvano tutti i problemi. Credo nel Pdl, una grande intuizione politica, in cui ci deve essere spazio per diverse espressioni e modi di essere, perché solo così si può essere un partito da 40%. Sono convinto che ogni ipotesi di gruppo separato sia già tramontata - ha detto Alemanno - si tratta di fare un confronto sulle tesi politiche e trovare una soluzione che ci dia la possibilità di avere un partito forte e che possa dare una casa a tutte le sue anime». Un lavoro diplomatico, quello del sindaco, che si ritrova da «delfino» in pectore di Berlusconi ad ambasciatore presso il leader del suo partito con il quale ha avuto spesso scontri ma anche, o soprattutto incontri. Una scissione interna al Pdl sarebbe infatti un'accelerazione dai risultati indefiniti. Non tanto sul Campidoglio. La maggioranza in Consiglio comunale è talmente ampia da non temere cadute indesiderate, quanto piuttosto sugli equilibri tutti da rivedere a livello nazionale e locale. E se in Comune, così come in Regione questo si tradurrebbe al massimo in un peso maggiore degli ex azzurri, a livello più squisitamente politico, o meglio partitico, Alemanno si potrebbe ritrovare a svolgere un ruolo di primo piano, come unico leader nazionale di quella destra sociale che, nonostante le divergenze, è e sarà elemento imprescindibile per il Pdl, con o senza Fini. Una «chiamata alle armi» insomma che prima o poi sarebbe arrivata anche per Alemanno. Meglio poi però. In questo momento infatti la priorità è e deve essere Roma. L'esito di mezzo mandato uscito dalle urne non è stato esclatante. A Roma il centrodestra ha perso e aleggia diffusa la sensazione, non sempre esatta, che la macchina capitolina non si sia ancora messa in moto per attuare quella «rivoluzione alemanniana» che in molti si aspettavano. I progetti per Roma Capitale, Formula Uno, Olimpiadi hanno poi bisogno di attenzione ora più che mai, altrimenti il rischio che l'aspettativa diventi boomerang diventerà altissimo. Niente «distrazioni» nazionali, allora. Solo un gran lavoro per la Capitale e l'occhio, sempre vigile e propositivo, per la crescita del neonato Pdl. Motivi in più per fare di Alemanno il primo ambasciatore, anche di se stesso.

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