Berlusconi a Fini: dentro o fuori
È davvero l'ultima offerta. O meglio, è l'ultima chance di rimettere le cose a posto. Fini fa sostanzialmente dietrofront. Soft, ma questo è. Berlusconi lascia aperta la porta del partito, vestendo i panni del buono, ma chiedendo di «non avere più chi rema contro». I finiani abbassano i toni, i vertici del partito lavorano ad un documento da presentare in direzione nazionale, la prossima settimana, che possa accontentare un po' tutti. Intanto, le parole del Cavaliere suonano come un vero ultimatum a Ginfranco: «Decida a questo punto cosa fare», aspettandosi, certo, una risposta positiva. Se così non dovesse essere, vorrà dire che Fini e i suoi saranno fuori. Il presidente della Camera non risponde, per ora. Si aspetta la riunione di martedì, quando tutto il gruppo legato all'ex capo di An si vedrà alla Camera per discutere sul da farsi. E poi, ci sarà il discorso alla direzione nazionale. Berlusconi, con razionalità, lancia la palla nel campo di Gianfranco, e, a questo punto, aspetta. La giornata è cominciata con una sorta di virata da parte dell'inquilino di Montecitorio, apprezzando la convocazione della direzione nazionale della prossima settimana, spiegando di essere presente e «che interverrò». Toni decisamente diversi da quelli utlizzati nel pranzo del giorno prima con il premier, dove Fini aveva parlato già di rottura con il Pdl, di gruppi autonomi e di un «governo al traino della Lega». Berlusconi durante il Consiglio dei ministri di ieri mattina ha preferito non affrontare l'argomento: «Una cosa sono le questioni di governo, un'altra quelle di partito». Anche nella conferenza stampa di Palazzo Chigi, il premier ha evitato l'argomento, puntando su quanto fatto dal governo. «Sono le cose che interessano ai cittadini». Il tutto mentre i pontieri erano a lavoro, da una parte e dall'altra, per tentare di ricucire lo strappo tra i due fondatori del Pdl. All'ufficio di presidenza, organizzato in fretta e furia in tarda mattinata, «per convocazioni urgenti del presidente», si è svolta poi l'arringa del Cavaliere. Prima il racconto del pranzo, delle richieste di Gianfranco e del suo tentativo a dissuaderlo. Poi gli attacchi dei finiani Urso e Bocchino sul «problema politico» che esiste nei confronti del presidente della Camera. E qui il premier risponde in modo netto: «Ma quale problema politico! È un problema solo personale». Altro affondo dei finiani: «Il governo è a traino della Lega». Anche su questo Berlusconi si infervora e replica in modo determinato: «Non è affatto vero. E comunque la questione del federalismo fiscale era già nel programma elettorale». Insomma, si continua così per un po', tra botta-risposta reciproci. Dopodiché, la discussione cambia tono. Arrivando alla decisione, presentata in serata dallo stesso Berlusconi in conferenza stampa a Palazzo Grazioli, di concedere un'altra, ultima, possibilità. Il premier non vuole un secondo caso Sicilia, con il Pdl spaccato. E i finiani chiedono un documento in cui si sancisca una maggiore collegialità e una maggiore partecipazione del presidente della Camera alle decisioni del partito. Si chiedono anche più poltrone, e quindi più potere. Il documento in realtà c'è, e sarebbe già pronto sul tavolo dei coordinatori Pdl. Un testo che verrà portato in direzione nazionale e che, raccontano fonti della maggioranza, sarebbe sviluppato in tre articoli: il primo mette nero su bianco che «la maggioranza non è a traino della Lega». Il secondo riguarda la politica economica. Il terzo è sulla necessaria attenzione verso il Mezzogiorno. Non si parla di cambio nei vertici del partito (come qualche finiano spera), nè di altr e modifiche all'interno del partito. Nulla. «O accettano questo, o sono fuori», spiegava ieri sera uno dei fedelissimi del premier. Berlusconi dal canto suo, davanti a microfoni e telecamere ha chiesto a nome del Pdl «che Fini desista dall'idea di formare dei gruppi autonomi». Se lo farà però, stavolta deve essere una decisione definitiva «perchè non ne posso più delle punture di spillo che ho subito per quasi due anni e che continuo a subire». Insomma, alla direzione alla fine si voterà il documento, e la minoranza (Fini) dovrà adeguarsi a quella della maggioranza (il Pdl).