Due anni vissuti sull'orlo della crisi
La storia degli incontri tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini meriterebbe un capitolo a parte nella storia della seconda Repubblica. I giornali hanno dedicato 1000 titoli ai due leader politici nei primi due anni di questa legislatura, segno di un rapporto tumultuoso. Ma il tono delle ultime settimane è peggiorato. I due si erano visti tre volte a gennaio e avevano promesso una maggiore concertazione all'interno del Popolo delle libertà. I giornali avevano parlato di schiarita tra i due e nei rapporti tra Pdl e Udc. L'incontro sembrava potesse assumere un significato decisivo per stroncare la politica dei «due forni» di Casini. Ma l'esito non fu affatto risolutivo. Fini disse a Berlusconi: «Non lavoro per te, ma con te. Ti voglio bene, sono leale». Ma le incomprensioni sono ricominciate fino all'incontro di ieri che certo non ha avuto toni soft visto che si è ventilata l'ipotesi di una scissione. Nei mesi scorsi i giornali avversi ai due leader hanno addirittura mosso la loro sezione psichiatrica per dimostrare che il rapporto non funziona. Alessandro Meluzzi, ex deputato Fi, spiegò al settimanale «Oggi» la presunta psicopatologia relazionale tra i due: «Silvio è un eterno fanciullo. Gianfranco un vecchio precoce. Non può durare». All'inizio della legislatura i due cominciarono a litigare sulla scelta dei ministeri. Berlusconi lasciò intendere a Fini: «I ministri li scelgo io». Lo scontro si estese nei mesi successivi, dopo la nomina di Fini a Presidente della Camera, al provvedimento sulle intercettazioni e al voto per gli extracomunitari. All'inizio della legislatura Fini si pose come mediatore nei rapporti tra il premier e le istituzioni, come accadde nell'incontro del 30 ottobre del 2008, per riforme importanti come quella sulla legge elettorale per le Europee. Ma con il passare dei mesi lo scontro proseguì sul ricorso del governo alla fiducia. Alla vigilia della nascita del Pdl i due si videro per l'ennesimo chiarimento: discutere del ruolo del Parlamento il 26 marzo del 2009. La nascita del Pdl sembrò portare via ogni polemica. Anche lo scorso autunno andò in scena lo stesso copione. I due si videro a settembre per discutere sui temi della giustizia a casa di Letta. Anche in quella circostanza l'assicurazione fu la medesima: maggiore collegialità all'interno del Pdl. «Il tempo ci dirà se dalle promesse si passerà ai fatti» disse un cauto Fini dopo l'incontro in casa Letta. Ma da quel giorno le schermaglie proseguirono. Il 3 ottobre del 2009 Fini dichiarò di voler rinunciare al Lodo Alfano. Ma il 16 ottobre 2009 i due tornarono in piena sintonia sulle riforme. Il ricompattamento definitivo arrivò quando i due ricevettero le minacce delle nuove Br nella seconda metà di ottobre. Ma il 4 novembre la situazione precipitò perché il vertice tra Fini, Bossi e Berlusconi sull'elezione diretta del premier saltò - secondo Berlusconi - a causa del clima di odio provocato dalla sinistra. Nonostante questo clima, i due si incontrarono l'11 novembre del 2009 per trovare l'accordo sul cosiddetto processo breve. Ma il gelo ritornò quando in un fuorionda durante una manifestazione pubblica Fini accusò Berlusconi di confondere il consenso con l'immunità. E allora la soap opera ricominciò con il rischio di trasformarsi in un autentico dramma politico in più atti.