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Berlusconi scatena il Finimondo

Umberto Bossi, Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

Due anni vissuti sull'orlo della crisi

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Scontro avvenuto. Quello che era nell'aria ormai da mesi, che è stato evitato più volte da pontieri scesi in campo appositamente, minacciato indirettamente, in incubazione praticamente da prima del voto, stavolta è successo. Berlusconi e Fini sono arrivati al capolinea. È servito un pranzo, il primo incontro da dopo il voto, perché i due giocassero a carte scoperte e si dicessero come stanno davvero le cose. Fini rivendica il suo ruolo all'interno del partito, e soprattutto chiede di ridurre il peso che la Lega ha nelle decisioni. Le prime indiscrezioni parlavano addirittura di una rottura tra i due fondatori del Pdl, con tanto di gruppo autonomo presentato dall'ex leader di An (Pdl Italia, questo il probabile nome) e richiesta di dimissioni da parte del presidente del Consiglio al suo vecchio alleato. Ricostruzioni successivamente smentite da note ufficiali e segnali distensivi lanciati da entrambe le parti. Il clima però resta teso e si aspettano le 48 ore, il tempo preso da entrambi, per sapere come andrà a finire. Lo scontro tra i due era già nell'aria il giorno prima. Con Fini notevolmente arrabbiato per non aver avuto notizie sull'incontro con il premier per giorni e giorni. Un incontro più volte annunciato ma di fatto tenuto in stan-by fino alla fine. Il tutto, mentre Berlusconi aveva già inserito nella sua agenda la cena ad Arcore con i vertici Pdl e Lega, e quella di mercoledì sera con Bossi a Palazzo Grazioli. «Le riforme non si decidono a cena», ha tuonato Italo Bocchino, finiano doc. Il Cavaliere aveva saputo dell'ennessima sfuriata di Gianfranco, confidando l'amarezza a qualcuno dei suoi fedelissimi. «Ancora...», avrebbe sospirato. Ecco perché i due sono arrivati al pranzo, svoltosi nell'appartamento di Fini a Montecitorio e dove era presente anche Gianni Letta, molto carichi e con le idee ben chiare. Il presidente della Camera, raccontano fonti di maggioranza vicine al capo della destra, avrebbe esordito dicendo di sentirsi messo da parte nel partito. «Non voglio più essere dipinto come il traditore dal tuo giornale di famiglia». Chiedendo al premier esplicitamente di scegliere in modo chiaro se continuare a costruire il Pdl con lui o preferirgli il rapporto con Umberto Bossi. Per il presidente della Camera, in sostanza, così non è più possibile andare avanti. «Non mi hai rispettato e consultato per scelte importanti, mi hai fatto perdere peso politico ed hai cercato di marginalizzarmi». Se il premier dovesse scegliere la seconda strada (Bossi), Fini avrebbe già pronto un suo gruppo autonomo, costituito dai suoi fedelissimi. È stato a questo punto, pare, che la tensione tra i commensali è salita alle stelle: la minaccia dell'inquilino di Montecitorio suona tanto come un ultimatum. «Ti senti messo da parte? Ma come, sei il presidente della Camera!», avrebbe tuonato Berlusconi. Ricordando per esempio a Fini che i nomi dei due neo governatori Polverini (Lazio) e Scopelliti (Calabria) sono proprio stati avanzati da lui. Il Cavaliere lo avrebbe invitato a ripensare alla sua posizione, all'idea di portare avanti un gruppo tutto suo. Anche perché, se così fosse, significherebbe uscire dal Pdl. «Nessuno ti può trattenere, ma rifletti bene, perché rischi di fare un grande errore». Berlusconi non si è fatto intimorire: sa che la minaccia di Fini di costituire gruppi parlamentari autonomi rappresenterebbe una discesa in campo ufficiale di un uomo chiamato a ricoprire un ruolo super partes e dunque sarebbe logico attenderne le dimissioni da presidente della Camera. Ma tutto ciò non potrebbe essere digerito facilmente dalla maggioranza. L'impressione è che stavolta l'offensiva finiana si sia spinta oltre la linea del non ritorno. Una linea confermata anche dal fatto che subito dopo il pranzo, è cominciata la conta tra i finiani. «Ci stai? Tu sei con noi?». Sono partire le telefonate a raffica, per sapere chi sta dalla parte del capo della destra. «Se l'unico modo di ottenere le cose è fare come la Lega allora anche noi ci travestiamo da lupi, saremo una forza di lotta e di governo», ha spiegato Fini durante la riunione con i suoi. Tuttavia anche dopo il braccio di ferro con Berlusconi dalla presidenza della Camera filtra ancora la speranza che il Cavaliere possa riconsiderare le proprie posizioni e si ribadisce la lealtà verso l'esecutivo. E soprattutto non si crede affatto nella eventualità di un voto anticipato, anche perché - fanno notare fonti parlamentari - Napolitano non scioglierebbe mai le Camere. «Certamente - ha detto Fini ai suoi - non siamo noi i traditori del patto. Ma sono stanco di essere preso in giro, Berlusconi è venuto da me solo per fare retorica...». Fini, dunque, non molla. Stessa cosa, anche il presidente del Consiglio, che uscito dalle stanze di Montecitorio commentando «ho mangiato benissimo», prima si è concesso una breve pausa di shopping, e dopo a Palazzo Grazioli ha incontrato una serie di persone, tra cui il governatore della Calabria Scopelliti, quello della Campania Caldoro e, in serata, i tre coordinatori del partito. Con chi ci ha parlato, Berlusconi avrebbe confidato di essere dispiaciuto per la situazione di stallo a cui si è arrivati. Ma determinato a non mollare sulle proposte di Fini che continua comunque a non ritenere condivisibili. Per ora, il premier tace (ci rifletterà l'intero week end) e affida ai suoi il compito di tenere i toni bassi per non alimentare nuove polemiche. In privato, però, riferiscono fonti parlamentari, torna a interrogarsi sull'opportunità di certi comportamenti della terza carica dello Stato, «vuole mettere bocca su tutto». Ma, «io non mi faccio ricattare».

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